mercoledì 21 dicembre 2011
Sono un ragazzino negro, una goccia d'acqua pura / a cui la gioia di vivere ha fatto crescere in cuore / un giovane mais lucente di freschezza… O miseria, corsara armata fino alle radici, / o crudele brigante che rapì la mia infanzia!

Anch'io da bambino ricordo l'emozione con cui, nella piazza principale del paese nativo di mia madre, assistevo alla gara dell'ascensione quasi impossibile sul lustro e scivoloso palo della cuccagna da parte di contadini che aspiravano ai doni lassù sospesi. Molti anni dopo, nel 1993, rividi la stessa scena con tutta la sua forza simbolica attraverso le pagine del romanzo L'albero della cuccagna (ed. Jaca Book). A descrivere quella sfida, sospesa tra lo slancio ascensionale verso la prosperità e l'appagamento e, invece, le cadute precipiti nella delusione della polvere, era René Depestre, il maggiore scrittore dell'isola di Haiti. Un'isola che, purtroppo, è nella memoria di tutti solo per storie di terremoti, di fame, di oppressioni, di violenze, di "cuccagne" soltanto sognate.
A due suoi frammenti poetici ho oggi riservato spazio perché, mentre ci affrettiamo in acquisti, tra regali e oggetti superflui, sotto un cielo più popolato di insegne pubblicitarie che di stelle, gettiamo uno sguardo anche sul visino negro che conosce quella "corsara" che è la miseria. Essa strappa a tante giovani donne immigrate la loro giovinezza e la dignità sui marciapiedi delle nostre città opulente. Sporca quelle gocce d'acqua pura che sono i ragazzi costringendoli a un'esistenza indegna, priva di quella gioia di vivere che fiorisce nei loro cuori come il mais lucente delle loro terre d'origine. In questi giorni non dimentichiamo il «ragazzino negro» di Haiti.
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