Un itinerario spirituale quaresimale coi capolavori dell'organista Dupré
domenica 9 marzo 2003
Già dal titolo, questo disco rivela i toni dell'omaggio intimo e affettuoso: Rendez-vous à Saint Sulpice (pubblicato da Aelous e distribuito da Jupiter) non è infatti un semplice cd di musica organistica dedicato a un grande compositore francese del secolo scorso, ma un vero e proprio dono da parte di una delle sue più fedeli e dotate allieve. Già, perché Suzanne Chaisemartin ha incontrato per la prima volta Marcel Dupré (1886-1971) proprio nella chiesa parigina di Saint-Sulpice, dove il musicista di Rouen ricopriva il posto di organista titolare; una carica che, a lato di un'intensissima attività concertistica, egli onorò fedelmente a partire dal 1934 fino alla fine dei suoi giorni. Ed è proprio a Saint-Sulpice che la Chaisemartin ha realizzato l'incisione di questo cd in memoria di Dupré: seduta all'organo Cavaillé-Coll, maestoso strumento costruito originariamente nella seconda metà del XVIII secolo, ma portato solo in pieno Ottocento allo straordinario assetto odierno (5 manuali, 102 registri, 7000 canne). Accostando tra loro i tasselli di un programma-mosaico che segue da vicino la forte impronta religiosa del compositore, ricostruito attraverso lavori significativi come i "Corali" del Tombeau de Titelouze, il Lamento op. 24, la "Pastorale" dai Sept Pièces op. 27, Cortège et Litanie op. 37, la Parafrasi sul Te Deum o i Sei Versetti sul Magnificat. Ma è soprattutto Symphonie Passion op. 23 l'opera che ricopre un posto centrale nella parabola creativa di Dupré. Era infatti l'8 dicembre 1921 quando, durante un concerto al Wanamaker Auditorium di Philadelphia, il musicista venne invitato a improvvisare all'organo su quattro melodie del repertorio gregoriano (Jesu Redemptor, Adeste fideles, Stabat Mater e Adoro te); nacquero proprio in quell'occasione i quattro movimenti - «Le monde dans l'attente du Sauveur», «La Nativité», «Crucifixion» e «Résurrection» - della Symphonie Passion, opera definitivamente completata solo tre anni dopo. Un microcosmo espressivo che qui risplende nell'esemplare metafora del suo atto finale, la cui progressione sonora culmina nella trionfante perorazione conclusiva: a rappresentare il progressivo disvelarsi, nel cammino quaresimale, del riscatto offerto dalla Pasqua di resurrezione.
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