giovedì 22 ottobre 2020
Ieri ("La Stampa" p.1) Ugo Magri: «Il richiamo del presidente Mattarella: Nessuno si salva da solo»! La pretesa di vivere da soli, e quindi di salvarsi meglio che in compagnia, merita una esortazione alla vicinanza benefica, un passaggio dall'io al noi che porta anche ad un'efficace "professione di umiltà". Saggezza del Presidente, ma anche lezione cantica e nuova, profondamente cristiana, qui in pagina con una coincidenza singolare.
Martedì su "Repubblica" (p. 26) leggo «Una lezione di umiltà»: Michele Serra ragiona (con ripetizione di concetto) su questo minaccioso ritorno della pandemia che ci rende tutti bisognosi di difesa e di soccorso, e conclude così: «Continuo a credere, come otto mesi fa, che una lezione di umiltà come questa abbia anche i suoi lati positivi: per esempio, essere una lezione di umiltà»! Umiltà? Parrebbe una battuta semplificatrice, ma puoi trovarci ben altro. Per esempio che anche in questo momento di Chiesa constati qualche strabica opposizione alla parola di Francesco che si mette "alla pari", anzi al servizio degli ultimi.
In proposito c'è chi si offenderà se si ricorda che sta scritto da duemila anni – Fil. 2, 6-8 – che la glorificazione "salvatrice" di Gesù è passata attraverso il rifiuto di considerare come "possesso" geloso (in greco arpaghè) il "suo essere come Dio" (Isa Theò) e quindi la scelta di "umiliarsi" fino alla morte di Croce. Questa la lezione dell'Incarnazione del Verbo fatto carne per una salvezza che non è proprietà privata. Non ci si salva da soli! Farsi e dirsi "fratelli" è precondizione per vivere e annunziare il Vangelo. Perciò martedì ("Domani", p, 11) spiace leggere Alberto Melloni che liquida come sorpassati e patetici quelli che chiama «due vecchi eroi come padre Bartolomeo Sorge o il cardinale Ruini». Non ci si salva da soli, neppure per fama.
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