domenica 29 febbraio 2004
O Spirito Supremo, portaci dalla falsità alla verità, dall'oscurità alla luce. Portaci dalla morte all'immortalità. O Signore, che tutti gioiscano in te. Che tutti siano liberi dalla miseria e possano praticare la bontà e che nessuno abbia a patire dolori insopportabili. La nostra è oggi una scelta che va nella direzione del dialogo interreligioso. Una delle regioni ove è più doveroso e facile compiere questo incontro è proprio quella della preghiera. L'immagine di Assisi, col Papa in orazione con tutti i rappresentanti delle religioni del mondo, ne è quasi l'emblema. Per questa prima domenica di quaresima abbiamo evocato una preghiera indù, espressione di una mistica di serenità e di pace. Tre sono gli orizzonti oscuri dai quali si implora la liberazione. C'è innanzitutto la tenebra della falsità, delle illusioni, degli inganni da cui spesso siamo fasciati come se fosse una nera sindone mortuaria. C'è, poi, la nostra mortalità fisica, segno di un limite strutturale della creatura, legata al tempo e allo spazio. Infine c'è la cappa di piombo della miseria, della sofferenza atroce e della cattiveria, ossia la morte interiore che prosciuga la vitalità dell'anima. Quello che si chiede a Dio è, dunque, la verità e la vita, la luce e la libertà interiore.
Purifichiamo, allora, la nostra preghiera perché lasci cadere le scorie di tante piccole e interessate domande e si trasformi in un'offerta totale di sé, del proprio limite e del
proprio male perché le mani del Creatore ci plasmino come creature nuove. Scriveva il filosofo francese Jacques Maritain nel suo Umanesimo integrale (1936): «Il vero credente prega così bene che ignora di pregare».
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