martedì 4 marzo 2003
Cultura europea e radici ebraico-cristiane. Non è questione ideologica, ma solo storica. A contestarle i reduci di sogni filosofico-politici sconfitti dalla storia o gente in flagrante debito formativo. Una prova su «Repubblica», domenica. Titolo in prima e ampio seguito intera p. 13: «I divoratori di psicofarmaci». Umberto Galimberti, "filosofo" della casa, sulla "depressione": «Una ricerca rivela che il 53% degli italiani soffre di disagi a sfondo depressivo, il 32% assume medicinali». Dentro anche Marina Cavallieri con dati, cifre, statistiche e consigli. Tutta la possibile modernità: ritmi frenetici, multinazionali, stress e società multimediale. Già. Stesso giorno, «Sole 24 Ore», nel magnifico «Supplemento-Cultura», titolo su sette colonne per il nostro mons. Gianfranco Ravasi: «Vade retro depressione». Su san Giovanni Crisostomo che nel IV secolo scrive al giovane discepolo Stagirio su come superare le pene della "Athymìa" (mancanza di forza interiore) detta anche "melancolia" (umor nero): in ultima analisi proprio la depressione. Il tutto con rimandi ad altre opere di antichi cristiani come Evagrio Pontico, e via via avanti nei secoli e indietro fino ai lamenti di Giobbe nella Bibbia. Eccole le "radici" ebraico-cristiane della cultura europea! Con dedica a chi non vuole saperne. Prova minore? Giuliano Ferrara che non nasconde, in pagina e in Tv, la sincera meraviglia perché ai funerali di Sordi ha visto insieme lacrime e sorrisi. Ma nella cultura ebraico-cristiana la morte è insieme nemica e sorella, dolore e gioia, "la" fine e "il" fine. Quanto tempo perso, per malafede e vuoti culturali!
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