venerdì 19 settembre 2008
Sarà pur vero che a "Casa Juve" un giocatore non morirà mai di fame, e anzi godrà di un sostanzioso companatico, tuttavia, mentre si cercano storie edificanti per rifare un po' la faccia al calcio, mi sembra opportuno rammentare gli uomini/giocatori che a suo tempo fecero la scelta di scendere in Serie B con
la Signora castigata dai tribunali del calcio e che l'altra sera hanno avuto la gioia di prodursi in una vittoriosa partita nell'attesissimo ritorno in Champions League contro i russi dello Zenit di San Pietroburgo, a loro volta ricchi e potenti.
Non farò tutti i nomi (ne basterebbe uno, quello di Alessandro Del Piero) ma certo val la pena ricordare per tutti Buffon, Camoranesi, Nedved e Trezeguet, ovvero dei campionissimi che avrebbero avuto "ai tempi di Calciopoli" l'opportunità di cambiar casacca a ottime condizioni. Come Cannavaro e Zambrotta, emigrati in Spagna dopo il ciclone dell'estate 2006, tanto per dire: che non chiamerò mai "traditori", come qualcuno fece, ma "normali" professionisti. Gli altri, quelli che son rimasti, sono professionisti straordinari. Ho sentito parlare Buffon, sicuramente il più bravo e richiesto portiere del mondo e, apprezzando le sue parole di fedelissimo juventino, ho anche registrato un bel cambiamento, un vero salto di maturità nell'uomo che è
diventato campione del mondo giocando in B - come gli altri bianconeri, peraltro -
tuttavia svincolandosi anche da quella poco felice immagine di scommettitore. Corretto, per carità, ma scommettitore. Ognuno, in quella stagione travagliata, ha trovato il modo di crescere, anche dal punto di vista tecnico.
Del Piero è quello che oggi raccoglie i frutti più saporiti, anche perché è in assoluto il più popolare calciatore d'Italia ma anche
il solitario erede di fuoriclasse come Boniperti, Rivera e Roberto Baggio, tanto per far quattro salti nella storia.
La sua fedeltà alla causa bianconera è a prova di bomba, e gli ha portato bene. Fa malinconia, invece, prender nota - almeno nell'attualità, augurandogli un futuro migliore - dell'amarezza di Francesco Totti, la cui pur ripagatissima dedizione alla Roma e a Roma ne ha ridotto l'espressione tecnica. Alla Juve un salto nella gloria prima o poi ti capita di farlo, alla Roma l'occasione è meno sicura e il prezzo sarà comunque altissimo.
Quello che paga Totti, per gli infortuni subiti ma anche perché viene il sospetto che da mesi ormai la Roma vada strutturandosi non necessariamente dipendendo da lui, dalle sue immense qualità, dalla sua autorevolezza sbiadita nel tempo. Felici i giallorossi, d'averlo per sempre. All'osservatore "esterno" resterà sempre il rimpianto di non averlo visto giocare altrove, nel Real Madrid o nel Manchester United, ovvero di non averlo mai ritratto con le braccia levate al cielo reggendo la coppa dalle "grandi orecchie". Se la meriterebbe il capitano più di tutti. Che sia proprio troppo tardi?
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