giovedì 15 ottobre 2020
«Pell riabbraccia Francesco: Gioia per l'inchiesta su Becciu», così "Il Fatto" (13/10, p. 17). Due gioie: quella vera del re-incontro, e quella polemicamente immaginata per «l'inchiesta su Becciu» (che non è, a oggi, indagato anche se non è più escluso da indagini avendo rinunciato ai diritti del cardinalato). Sarebbe il sentimento che i tedeschi chiamano Schadenfreude (gioia della sventura altrui), Arthur Schopenhauer ha definito «peccato» e in senso non strettamente religioso sarebbe un vizio. Ancor più per un Papa e un cardinale, contesto indubbiamente cristiano e cattolico. Nell'inno alla Carità del capitolo 13 della Lettera ai Romani è secca la contraddizione con «la gioia per il male altrui». C'è altro? Sì. Ieri su "Repubblica" (p. 27) Corrado Augias rispondendo a un lettore che sulla beatificazione di Carlo Acutis ha cominciato così: «Caro Augias, la strada verso la santificazione è lunga e irta di ostacoli. Una farraginosità che non si trova nel rapido evolversi della causa di Carlo Acutis, il giovane che viene chiamato Santo di Internet». Meraviglia che per Carlo la breve vita è stata quella normale di un adolescente: «Non miracoli in terra, nessun inspiegabile fenomeno come ubiquità, levitazione o stimmate, nessuna estrema privazione ascetica. Solo una quotidianità (...) fatta di altruismo solidarietà, sorrisi e gentilezza, unita a una fede molto forte». Bella constatazione per Acutis, forse eccessiva la drammatizzazione della "farraginosità" del cammino verso la santità non solo nel tempo della canonizzazione, bensì anche nella semplicità spontanea di canonizzazioni di tanti in vita discreti e quasi nascosti come Teresa di Lisieux, Santa e Dottore della Chiesa o, sempre discreti, ma impossibili da nascondere come papa Giovanni. La realtà della vita dei Santi fa venire in mente un celebre pensiero di Leon Blois: «C'è una sola tristezza: quella di non essere santi!» Anche senza canonizzazione, ovviamente.
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