martedì 24 gennaio 2012
Molti dei bambini che incontro in scuole e biblioteche arrivano muniti di telefonino. Mi ascoltano e si incantano alle letture che faccio. Ma prima di salutarmi mi chiedono: «Posso farti una foto?». Vorrei rispondere loro che le fotografie non mi piacciono tanto. Ma dico sempre di sì. Non voglio che mi considerino un arrogante e un presuntuoso. Alcuni vogliono davvero conservare una foto dell'incontro con lo scrittore, i cui libri hanno regalato loro momenti di piccola o grande felicità. Molte delle foto che si scattano con i telefonini, però, prima o poi vengono cancellate. O perché non piacciono più, o perché affollano troppo la memoria dell'apparecchio e devono essere eliminate per lasciare spazio ad altre foto. In questo modo, gli eventi spariscono ed è come se non fossero mai accaduti. A forza di scattare e cancellare, tuttavia, la memoria diventa un grande guazzabuglio e la storia di ciascuno si fa confusa e distorta. Ho detto che non amo le foto. Ma alcune le conservo. Per esempio quella in cui, con i miei genitori, fui immortalato da un fotografo ai piedi della Torre Eiffel a Parigi. Era la fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, portavo addosso una giacca rivoltata, e vanamente il fotografo aveva cercato di trasformare in un sorriso l'espressione malinconica di mio padre e di mia madre. Io mi ero sforzato di più e c'ero riuscito. Se gli adulti sembravano rassegnati, io davo l'idea di un bambino furbo e coraggioso. Ma conservo anche le foto di fine anno a scuola. Quando le sfoglio, riconosco i miei alunni uno per uno. Ogni espressione e ogni sguardo mi ricordano storie allegre e storie tristi, giorni lieti e giorni scuri. È così che lavora il ricordo: ha bisogno di un dato da cui partire e di una immaginazione fervida che lo fa rivivere dando un senso alla nostra vita. Le foto che appaiono e scompaiono dai telefonini con un semplice clic, sono come finestre che si aprono e si chiudono su paesaggi che cambiano in continuazione e che ci rendono stranieri a noi stessi. Il telefonino diventa così solo un giocattolo: crea e distrugge senza rimpianti. Perciò bisognerebbe dire ai bambini che almeno alcune foto, le più importanti, andrebbero salvate e stampate per salvare un po' del loro passato, ma anche del loro futuro.
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