Suor Lorena e le donne accusate di stregoneria
giovedì 1 ottobre 2020

«Vivo qui da 41 anni, sono parte di questo popolo e questo popolo è parte di me»; suor Lorena Jenal è arrivata a Papua Nuova Guinea, nel mezzo dell'Oceano Pacifico, nel 1979. Il paradiso in terra, si direbbe. Ma tra la natura esuberante e una popolazione ricettiva del messaggio del Vangelo, prospera anche la superstizione. Suor Lorena è una donna esile, anziana, mai rassegnata. Combatte contro la «caccia alle streghe» che uccide, tortura e ferisce nel corpo e nello spirito decine di donne ogni anno. Le ultime tre si chiamano Magdalena, Rika e Cindrela, tutte madri di famiglia, e sono state inseguite, bruciate e torturate il giorno di Pasqua nelle Southern Highlands (gli Altopiani meridionali), perché ritenute responsabili di una stregoneria che ha causato la morte di un anziano asmatico. Scampate miracolosamente al linciaggio, suor Lorena le ha accolte e curate. «Le ferite stanno guarendo, ma per il trauma servirà tutta la vita», dice. A Papua Nuova Guinea si contano 820 lingue, inestimabili risorse minerarie e le più belle foreste pluviali del mondo. «Gli uomini del paradiso sono stati strappati dall'età della pietra», racconta lei. E dall'età della pietra rispuntano, in un caos culturale, credenze barbare ed esoteriche, come la stregoneria, di cui sono incolpate soprattutto le donne per ciò che di male può accadere in un villaggio.

«La gente vive in comunità tribali e ci vuole tempo per cambiare», dice ad Avvenire la religiosa svizzera. «Vediamo piccoli cambiamenti e abbiamo da offrire una vita in pienezza. Non usiamo la forza o la paura o le punizioni, ma semplicemente la libertà, la vera giustizia che assicura la pace». Ad oggi, scrive ancora suor Lorena in una corrispondenza fortunosa via mail «abbiamo salvato 73 donne e 7 uomini, che ora conducono una vita pressoché normale. Viaggiamo con loro attraverso il Paese e loro rendono testimonianza di ciò che possono fare le persone con la fede, la speranza e l'amore». La missionaria francescana della Divina Provvidenza scrive di aver ricevuto molte minacce di morte. «La paura, la vergogna e la colpa fanno reagire così le persone», scrive. «La stregoneria è totalmente irrazionale e terribilmente ingiusta. Ma la mancanza di informazioni corrette, la corruzione, l'incapacità di trattare le malattie, la ricerca di un capro espiatorio, la gente che crede negli spiriti... tutto questo non aiuta le autorità ad affrontare il problema in modo efficace». L'anziana missionaria alla fine di maggio ha guidato una marcia di preghiera, canto e riflessione nei luoghi in cui le tre donne sono state torturate, per chiedere la fine delle violenze. «La gente non ha bisogno di temere la stregoneria – riflette – perché è protetta da Gesù che ha già vinto la battaglia contro Satana e contro i peccati».

E il 10 agosto la diocesi di Mendi, guidata dal frate cappuccino monsignor Donald Francis Lippert, ha indetto la prima Giornata contro le accuse di stregonerie, con una vasta mobilitazione di associazioni, laici, parrocchie, con le parole d'ordine «rigettare l'uccisione di innocenti» e «promuovere la tutela della dignità di ogni persona, in particolare delle nostre madri e sorelle». La sfida culturale è ardua e fatta oltre che di sensibilizzazione nei villaggi insieme a un gruppo di uomini e donne cristiani, anche di opere. Così entro la primavera del 2021 suor Lorena aprirà nella parrocchia di Pomberel la Casa della speranza, dove saranno ospitate le donne vittime delle false accuse di stregoneria. «La casa offrirà protezione, cure mediche, assistenza legale e riabilitativa». Perché la «caccia alle streghe» sia un ricordo del passato anche in Papua Nuova Guinea.

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