sabato 4 giugno 2022
Carlo Borromeo nasce ad Arona il 2 ottobre 1538, figlio di Giberto e di Margherita Medici. A 21 anni è già laureato in diritto civile e canonico quando lo zio diventa papa Pio IV e lo vuole a Roma. Parte in carrozza e racconta divertito che le dame di Bologna friggono di curiosità per ammirare il giovane nipote del papa. Pio IV lo fa cardinale, ma il 19 novembre 1562 muore all'improvviso il fratello maggiore, Federico, sposato con Virginia della Rovere, figlia del duca di Urbino. Gli suggeriscono di sposarla e prendere in mano le sorti della casa. Anche Pio IV ci prova, ma lui vuole essere prete. A giugno 1563 lo zio lo ordina e fa vescovo di Milano, ma senza obbligo di governare la diocesi. Lui ora è diverso. Così l'ambasciatore di Venezia Giacomo Soranzo: «Il cardinale Borromeo, 27 anni…La sua vita è innocentissima e castissima… digiuna spessissimo e in tutte le cose vive con tanta religione che si può con ragione dire che egli solo faccia più profitto nella corte di Roma che tutti i decreti del Concilio…». Già: il Concilio era a Trento. Carlo a Concilio concluso si convince che il suo vero posto deve essere Milano. Chiede, Pio IV lo vuole con sé e resiste 2 anni, e lui intanto chiama a Milano uomini sicuri, tra cui 30 Gesuiti. Finalmente Pio IV gli concede di andare a Milano, ma “solo per 2 mesi”. Lui parte: 70 carri e 150 persone. A Firenze, accolto dai Medici, scrive al papa e lo convince a mandare un vescovo, che lì manca da 40 anni. Il 23 settembre 1565 è a Milano. Lo attendono 750 parrocchie spesso abbandonate, centinaia di conventi, 5000 tra preti e frati e 3400 suore. Un clero ignorante e anche scostumato, con balli nelle chiese e adulteri conosciuti. Per rendere abitabile l'episcopio e ripulirlo da “letame e rottami e ferrazze” furono necessari 100 carri. Primo provvedimento: da vescovo rinuncia a 12 abbazie, feudi, benefici e pensioni destinando tutto ad utilità pubblica, ospedali, collegi, scuole, rifugi e mense sempre aperte per i poveri. Cominciano 19 anni a Milano, con la grande carestia del 1570 e i 2 anni della peste del 1576-77, con migliaia di morti: visitava ogni giorno i lazzaretti. Passò la peste, e Milano presto risorse: Michel De Montaigne nel 1581 la descrive come «la città più popolata d'Italia, le mancano i palazzi di Roma, Napoli, Genova e Firenze, ma di grandezza le vince tutte. Difficile, in quei tempi il discorso religioso, per le intrusioni dei regnanti codificate dalla pace di Augusta, cuius regio, eius et religio: «L'eresia – scrisse uno storico – comincia dal Paternostro, ma finisce nell'archibugio». Anni di stragi. In Francia gli Ugonotti distruggono 10.000 chiese cattoliche e uccidono 150 preti, e la vendetta giunge ai massacri della Notte di San Bartolomeo. Sono anche gli anni dei roghi, cattolici, protestanti e di regime misto e laico per gli eretici, le streghe e i disturbatori del potere. Carlo non è immune: santo con i limiti del suo tempo. Per capire vale sempre la pena di rileggere il capitolo XXII dei “Promessi Sposi”. Da vescovo vuole anche la riforma della vita religiosa e riportare l'ordine tra i frati detti “Gli umiliati”, che cercano di ammazzarlo con una schioppettata mentre prega, la sera del 26 ottobre 1569. Pio V per punizione sopprime la congregazione intera. A Milano dicono che è il vescovo più severo del mondo e lo denunciano a Roma, a Gregorio XIII che non pare contento dei suoi metodi. Nel 1579 lui va di persona a difendersi per 4 mesi. Il papa gli suggerì di concedere qualcosa anche alle mondanità dei milanesi. Continua instancabile, ma il suo regime di vita lo mina nel fisico. Il 30 ottobre del 1584 è in visita pastorale nelle zone in cui è nato, ad Arona, ma una febbre fortissima lo costringe a tornare a Milano: il giorno dopo, 3 novembre 1584, muore a 46 anni e 21 giorni. Sul letto di morte, a chi gli diceva che avrebbe dovuto risparmiarsi, risponde sereno: «la candela per dare luce deve consumarsi». Nel 1610 Paolo V (Camillo Borghese) lo proclama santo: il sigillo più grande.
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