venerdì 14 febbraio 2014
   ​In un mattino d’inverno, «in cui la neve non troppo alta copriva le strade dolcemente e il cielo era una distesa di stelle tremolanti, c’era un cavallo bianco». È accaldato, ha galoppato per chilometri nel cuore di Brooklyn. È una presenza davvero insolita. Una presenza magica. Perché tutta New York è percorsa da personaggi in bilico tra realtà e magia. Una tonalità che fin dall’inizio, con questa immagine, farcisce ogni frase di Storia d’inverno, poderoso romanzo di Mark Helprin, al quale si sono indissolubilmente legati vita e lavoro di Akiva Goldsman. Uno sceneggiatore di successo (con A Beautiful Mindvinse l’Oscar) che debutta nella regia. «Per vent’anni ho pensato a questo film e il progetto ha interamente occupato i miei ultimi quattro – confessa –, è diventato l’unica cosa che mi interessava portare a termine Ho letto il libro quando ero alle superiori e sono cresciuto a New York. Il suo realismo magico mi ha affascinato fin dalle prime pagine, una difficile combinazione tra il mondo reale e il sovrannaturale. Ma c’è di più: l’autore trascende la classica nozione dell’amore rendendolo un sentimento davvero capace di trasformare la vita, superare il tempo, realizzare miracoli».  vinse l’Oscar) che debutta nella regia. «Per vent’anni ho pensato a questo film e il progetto ha interamente occupato i miei ultimi quattro – confessa –, è diventato l’unica cosa che mi interessava portare a termine Ho letto il libro quando ero alle superiori e sono cresciuto a New York. Il suo realismo magico mi ha affascinato fin dalle prime pagine, una difficile combinazione tra il mondo reale e il sovrannaturale. Ma c’è di più: l’autore trascende la classica nozione dell’amore rendendolo un sentimento davvero capace di trasformare la vita, superare il tempo, realizzare miracoli».  Il film è arrivato in sala per la festa di San Valentino. Perché è una grandissima storia d’amore nella quale si incontrano personaggi reali insieme a angeli e demoni, la parte meno riuscita in cui bene e male si fronteggiano in stile hollywoodiano. Anche il tempo ha un’importanza relativa, perché soltanto l’amore è eterno. Nel 1916 Peter Lake, il protagonista impersonato da Colin Farrell in versione romantica, un ladruncolo immigrato e "salvato dalle acque" nel 1895, ribellatosi a chi lo aveva protetto senza sapere trattarsi di un terribile diavolo (che ha il portamento elegante di Russell Crowe), s’innamora perdutamente di Beverly Penn (splendida Lady Sybil in Downton Abbey), ricca ereditiera malata di "consunzione" e destinata a morire nel giro di pochi mesi. Talvolta innamorarsi non scalfisce il carattere di una persona, non ne orienta il destino. Non la trasforma. Ma per i due giovani l’amore, che addirittura arriva al nostro 2014, annulla ogni vincolo con la realtà e vince la morte. «L’idea di un’esperienza trascendente per molti di noi è legata proprio all’amore e a quanto si ama: innamorarsi, amare i propri figli, i propri familiari. Di conseguenza, anche alla loro perdita. È accaduto mentre scrivevo la sceneggiatura del film, mia moglie è scomparsa improvvisamente. Ho capito quanta meraviglia si condensa attorno alle persone che amiamo e quanto sia meraviglioso scrivere storie che le raccontano, le ricordano e le evocano». Luca Pellegrini
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