mercoledì 19 ottobre 2022
Nel segnalare Srebrenica. In Europa alla foce della notte di Gianfranco Longo (Il Poligrafo, pagine 538, euro 25,00) desidero rendere omaggio ai poeti, ai narratori, ai saggisti che inviano i loro testi ai recensori. Il recensore riceve molti libri; libri inviati dagli editori o direttamente dagli autori. Sono questi ultimi a mettere a disagio il recensore. Infatti, egli sa che chiunque pubblica un libro intende conferire il proprio mattone o il proprio marmo di Candoglia alla costruzione di una cultura che incida sull'immaginario collettivo. Arrivano libri che si intuiscono impacchettati dallo stesso autore, con lo scotch ben dritto, con il nome del mittente in piccolo e con l'indirizzo bene in chiaro, spesso in plico raccomandato perché giunga sicuramente a destinazione. L'autore ha scritto il libro, poi ha cercato un editore, magari con un impegno di acquisto copie, poi ancora ha elencato un certo numero di possibili recensori perché il proprio libro raggiunga un pubblico più vasto della cerchia dei parenti e degli amici. E il recensore che fa? Dà un'occhiata con profondo rispetto per il lavoro e le aspettative che stanno dietro il libro, ma non può recensire tutti i libri che gli arrivano, pur sapendo che in ognuno c'è almeno una strofa o una frase che non dovrebbe andare dispersa. Che fare, dunque? Scrivere all'autore per ringraziare del libro con una frase di circostanza? Inutile, perché l'autore vuole farsi conoscere almeno dai lettori del giornale, della rivista su cui scrive il recensore. Meglio il silenzio, sempre col rispetto e l'ammirazione verso chiunque pubblichi un libro e con il rammarico di un poter fare di più. Questo piccolo sfogo – Raffaele Carrieri, che ha scritto Lamento del gabelliere e Lamento dell'ebanista, l'avrebbe intitolato Lamento del recensore – non riguarda Srebrenica che da quasi due anni mi osserva dallo scaffale. Gianfranco Longo è un professore universitario, insegna Filosofia della pace e dei diritti individuali nell'Università di Bari, e infatti il libro è stato pubblicato con il contributo del Consiglio di amministrazione dell'Università Aldo Moro. Meno male, perché non so quale editore avrebbe pubblicato un poema di 14.820 versi con ampia introduzione e appendici. Cinquecentotrentotto pagine! Un recensore scrupoloso non potrebbe fare altro per una settimana. E ne varrebbe la pena, perché si intuisce subito la qualità della scrittura di Longo nel narrare la tragedia delle nozze di Vedran e di Lejla, lui ortodosso, lei musulmana, programmate per il 23 settembre 1995 e mai celebrate (Longo doveva esserne il testimone) per l'orrore di Srebrenica, vergogna di una guerra incivile con stragi, violenze, stupri che si stanno ripetendo oggi in Ucraina, terrificante attualità. Con atti di eroismo dei due mancati sposi, sfiorati con il loro popolo dalle ali sporche di Satana in un evento che non ha spiegazione umana. Srebrenica di Gianfranco Longo è lì per chi cerca di capire, sapendo che la letteratura può giungere dove le altre arti ammutoliscono.
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