venerdì 4 marzo 2011
di Goffredo Fofi
Il mito di Spartaco e della grande rivolta degli schiavi del 73 a.C., il 686° dalla fondazione di Roma, è stato percorso e ricostruito in un saggio a più voci abbastanza recente, curato da Mario Dogliani per Baldini & Castoldi nel 1997, Spartaco. La ribellione degli schiavi. Il nome e la figura di Spartaco sono stati assai cari ai militanti socialisti e comunisti dell'Ottocento e del Novecento, e "spartachista" si definì il movimento rivoluzionario fondato da Rosa Luxemburg e da Karl Liebknecht dal tragico destino. Grazie al romanzo Spartaco di Raffaello Giovagnoli (1873), d'impostazione socialista ma più vicino al romanzo d'appendice che allo studio storico, il nome Spartaco fu d'uso corrente a Roma fino agli anni cinquanta del Novecento, e fu molto in auge nella Resistenza come pseudonimo di molti partigiani.
Da Giovagnoli trasse liberamente un film Riccardo Freda nel 1953, interpretato da un fiacco Massimo Girotti, ma grazie allo Spartaco di uno scrittore americano di simpatie comuniste, Howard Fast (di cui rimane indimenticabile La via della libertà sullo schiavismo, più volte riedito da Einaudi) il cinema onorò degnamente questo personaggio grazie a un regista d'eccezione come Stanley Kubrick (Spartacus, 1960) e alla bella interpretazione di Kirk Douglas. E Fast e Kubrick mi sembrano, leggendo il saggio di Aldo Schiavone Spartaco. Le armi e l'uomo, testé edito da Einaudi (pagine 128, euro 20,00), più rispettosi della storia di quanto non avvenga abitualmente nel cinema.
Bene, di tutto questo, in sostanza del mito moderno di Spartaco, Schiavone non parla proprio, poiché egli è uno storico e in particolare del mondo antico. Il suo saggio " scritto con l'agilità di un racconto, e fedele a una scelta secondo cui la storia deve farsi anche narrazione ", spiega bene perché la figura di Spartaco abbia potuto diventare mitica già nell'antichità, e Spartaco, in una tradizione stavolta cristiana oltre che socialista, abbia potuto figurare come un antesignano, nonostante il suo uso della violenza, dell'attenzione alla dignità degli schiavi propugnata da Gesù. La tragica fine dei ribelli, sconfitti dopo anni in cui avevano messo in serio pericolo il potere imperiale, ha anche qualcosa di fortemente suggestivo e simbolico, se ben seimila di loro furono crocifissi lungo la strada da Capua a Roma. Il mito ci appare giustificato dalla storia, e può sembrare ancora attuale in un mondo dove la schiavitù è nuovamente una realtà e una minaccia. Il nuovo secolo non promette di esser meno violento e perfino imperiale di quelli passati, e nella nuova barbarie dei poteri, nel nuovo avvilimento di corpi e anime la figura di Spartaco continua ad avere senso e attrattiva.
Schiavone usa benissimo le poche fonti storiche rimaste, sa "leggerne" anche ciò che ne è andato perso. Punta a una valutazione del personaggio come figura militare e politica: lo schiavo trace che riuscì a formare un esercito di schiavi e di ribelli e a mettere in pericolo l'impero si fece una concreta idea del possibile, cercando l'alleanza con le città italiane satelliti di Roma, ma fu qui che fallì, perché esse non lo seguirono. I tempi non erano maturi, e l'idea di schiavitù era troppo connaturata a un sistema economico, politico, culturale, perché esse accettassero quell'alleanza. Senza la schiavitù, l'economia romana sarebbe crollata, tal quale agli Usa dell'Ottocento, ma è proprio nell'analisi della società romana e delle sue basi economiche che Schiavone convince, non attribuendo al passato la visione che noi oggi ameremmo superficialmente averne ma riportandolo alle sue concrete forze e contraddizioni. È appassionante l'analisi della società antica, il modo in cui il secolo di Spartaco ha sfiorato la possibilità di un ordine sociale nuovo, che avrebbe avvicinato i tempi della modernità. Ed è altresì appassionante, nella parte finale il confronto tra la rivolta di Spartaco e quella "interna" di Catilina. Dopo la sconfitta delle due rivolte, attestano gli storici del tempo, bande residue di fuggiaschi videro mescolati gli uomini di Spartaco con quelli di Catilina.
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