SOS Calvaires: rami digitali restaurano radici cristiane
sabato 4 maggio 2024
Tanti conoscono i “calvaires” (calvari) medievali della Bretagna, ma questi monumenti sono presenti anche nel resto della Francia: insieme a edicole, piccole cappelle e oratori, rappresentano un elemento caratteristico del mondo rurale, anche se per la maggior parte sono stati ricostruiti nell’Ottocento, dopo le distruzioni del periodo rivoluzionario. Oggi sono spesso in stato di abbandono, ed per questo che è nata “SOS Calvaires”, un’associazione privata e non confessionale che si propone di inventariare e recuperare, attraverso pulizie e restauri, i calvaires che ne siano bisognosi, e che deve anche alla comunicazione online le sue recenti fortune. Come si apprende dalla pagina “Scopri chi siamo” del suo sito (bit.ly/3UrKqhM) e da un post del 2021 della “Catholic News Agency” (bit.ly/4a4GABc), in principio – correva l’anno 1987 – c’erano “Les Amis des chapelles et calvaires de la région du Lion d’Angers” (l’antica Angiò), attivi a livello locale. Nel 2014 subentrano un imprenditore-artigiano del legno, Paul Ramé, e un gruppo di giovani «orgogliosi della loro religione e dell’eredità ricevuta». Nel 2020-2021 la svolta: arriva un dinamico direttore generale oggi ventiseienne, Alexandre Caillé, che per impegnarsi in questa missione «ha abbandonato il mondo della finanza» (lo scriveva nel 2022 “Tempi” bit.ly/3JJqK49 riprendendo “Le Figaro”). Il nome viene cambiato in quello attuale, “SOS Calvaires”, e viene attuata «una strategia di comunicazione efficace» (è ancora il sito che parla); in tal modo l’associazione si fa conoscere e si sviluppa a livello nazionale (col contributo di un’imbarazzante, seppur episodica, adesione di Baptiste Marchais, youtuber francese da 275mila follower bit.ly/3JKDZBy, che i media francesi classificano «di estrema destra»). Un successo sulla Rete In Rete, oltre al sito e a varie interviste rilasciate da Caillé (vedi sotto), ci sono gli account social che promuovono i vari interventi e le altre iniziative. Instagram, con 51mila follower, è il più seguito (bit.ly/3xZuyvF), ma “SOS Calvaires” si trova anche su Facebook (18mila follower), X-Twitter (10mila follower) e YouTube, dove gli iscritti sono solo 2.900 ma il video più popolare, quello che, 5 mesi fa, documentava un intervento presso il Mont Saint Michel, conta 20mila visualizzazioni (bit.ly/3JKPid4). Poi c’è un app che serve a ricevere nel modo più diretto possibile (grazie alla geolocalizzazione) le segnalazioni di monumenti da ripristinare, oltre che le eventuali donazioni. I frutti di questa comunicazione sono la crescita delle donazioni e quella dei volontari. Questi ultimi, oggi 4mila, si dividono in “costruttori” e “consolatrici”: i primi sono quelli disponibili a lavorare sui calvaires, coinvolgendo altri volontari sul territorio e ottenendo l’approvazione del municipio (la competenza è infatti delle autorità civili, non di quelle ecclesiastiche); le seconde restaurano piccoli crocifissi per poi rivenderli. Le une e gli altri sono organizzati in 75 filiali distribuite sul territorio. La “casa madre”, che ha tuttora sede a Lion d’Angers, fornisce i manufatti necessari quando quelli originari non sono più restaurabili. Mantenere la memoria di fede «Si cerca di ricreare il tessuto sociale»; i legami che si creano sul territorio restituiscono «speranza e gioia a chi è piegato dalla vita», «le generazioni si ritrovano» i borghi spopolati per qualche giorno si rivitalizzano, scrive lo scorso marzo Rudy Ventura sul sito di “Le Pèlerin” (bit.ly/3y3pwOE), storico settimanale cattolico del gruppo Bayard Presse. «Quando rimettiamo a posto un calvario», dichiara Caillé, «onoriamo una memoria, manteniamo la storia» e «tocchiamo le radici cristiane della Francia». Ovvero: l'associazione testimonia, facendo proprio il motto certosino «Stat Crux dum volvitur orbis», che «nonostante la crescente secolarizzazione della società, le croci di pietra restano lì». E se Caillé sottolinea che in “SOS Calvaires” non ci sono né proselitismo, né attivismo, né finalità di evangelizzazione, è anche vero che, una volta restaurato un calvaire, si chiede a un sacerdote di impartire pubblicamente una benedizione. È dunque normale che sia le radio del circuito RCF, vicino alla Conferenza episcopale, sia varie voci della blogosfera ecclesiale antimoderna, dentro e fuori dalla Francia (si leggano i recenti post di “Boulevard Voltaire”, tradotto da “Chiesa e post concilio” bit.ly/3yaGoms, e di “The Pillar”, tradotto da “Messa in latino” bit.ly/44tblPa), manifestino per “SOS Calvaires” un significativo entusiasmo. © riproduzione riservata
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