domenica 29 dicembre 2019
Sondaggio è parolina o parolaccia? Questione complessa, che meriterebbe un sondaggio. Per cominciare, i sondaggi e coloro che li fanno vanno rispettati e temuti. Rispettati per le tante, tantissime cose che vengono a sapere di noi italiani e che noi ignoriamo: i nostri consumi, desideri, paure, aspirazioni, passioni. E temuti per lo stesso motivo. Che cosa se ne faranno infatti di tutte queste preziose, irrisorie, inaudite conoscenze i "signori dei sondaggi"?
Loro non se ne fanno niente, perché i sondaggi li organizzano per conto di chi li paga per farli. I committenti sono pubblici e privati. Alcuni esiti vengono resi pubblici, moltissimi altri restano privati. Nel primo caso, il potere che deriva dalla conoscenza è diffuso e bravo sarà chi più e meglio ne farà tesoro; nel secondo caso, il potere rimane in mano a chi ha pagato il sondaggio e ne trarrà vantaggi, ma solo se saprà interpretare correttamente i vaticini del sondaggio-oracolo, che talvolta è chiarissimo, altre volte si esprime per enigmi.
Il caso dei sondaggi commerciali, ad esempio per scoprire se il consumatore preferisce un cracker al formaggio o al bacon, per ora non ci interessa. Ci interessa il sondaggio sociale e politico, teso a scoprire che cosa gli italiani pensino della vita e del mondo, dei temi d'attualità, dei partiti; dove palpiti il loro cuore; in cui cosa sperino e soprattutto di che cosa abbiano paura.
A questo punto i committenti possono essere due. Il primo è un soggetto "solido" che possiede una chiara visione della società, ideali e valori condivisi, criteri per distinguere il bene dal male e persegue il bene comune, non il proprio tornaconto personale. Questo soggetto si serve delle conoscenze ottenute per convincere gli italiani a pensare e agire in un certo modo. Un compito duro e un percorso lungo e accidentato, di cui il sondaggio è solo punto di partenza o di passaggio.
Il secondo è un soggetto "fluido". Per lui, il sondaggio permanente è uno strumento fondamentale: una volta scoperto che cosa si agita nella testa e soprattutto nella pancia degli italiani, cercherà il consenso ripetendoglielo, moltiplicato dai pulpiti dei mass-media. La gente non va convinta, ma assecondata. La gente cambia opinione? Cambierà anche il programma del soggetto fluido. Il gioco è più facile se le opinioni sono semplici, elementari, primordiali, e quindi più agevoli da rinforzare e orientare, rendendo pubblici i sondaggi favorevoli e nascondendo quelli sfavorevoli. La gente tende preferibilmente a pensare nel modo in cui pensa la maggioranza. A consumare seguendo la moda del momento: merci o opinioni, brand o partiti è la stessa cosa. In questa strategia, il sondaggio ha un ruolo decisivo, almeno da quando, circa 25 anni fa, con la fine dei partiti della prima Repubblica, si sono affermati i partiti-azienda e i movimenti liquidi. I "sondaggi", che a questo punto richiedono le virgolette, hanno un potere enorme. Basti pensare all'Auditel, lo strumento che misura, minuto per minuto, su quali canali sono sintonizzati i televisori degli italiani. Finanziato dalle televisioni stesse, è stato creato per stabilire le tariffe degli spazi pubblicitari: più spettatori e le tariffe si alzano, meno spettatori e si abbassano. Poiché a nessuno piace rimetterci, l'Auditel di fatto è anche una sorta di giudice che sentenzia vita o morte di un programma. Determina il destino di autori, conduttori e dirigenti. Che amano e temono l'Auditel come una benevola e spietata divinità pagana, emanazione del dio Consumo, generato dal dio Capitalismo. E a questo punto il sondaggio, suo malgrado, ha proprio le sembianze di una parolaccia.
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