mercoledì 3 agosto 2011
Con il nono tomo, dedicato agli Scritti sull'arte (Adelphi, pp. 472, euro 45) giunge finalmente a compimento l'edizione dell'Opera omnia di Sergio Solmi (1899-1981), a cura di Giovanni Pacchiano.
Un poeta e letterato tra i più significativi e sotterraneamente influenti del Novecento viene dunque giustamente monumentalizzato da una casa editrice di cui, con Luciano Foà, Bobi Bazlen, e altri intellettuali aristocratici, Solmi aveva legato i nastri rosa nel 1962.
L'impresa editoriale iniziata e condotta in porto da Giovanni Pacchiano era partita nel 1983, a due anni dalla morte di Solmi, con il primo volume, Poesie, meditazioni e ricordi, in due tomi. Poi vennero gli Studi leopardiani (vol. II); il vol. III (in due tomi) è dedicato alla Letteratura italiana contemporanea, con i saggi fondamentali di Scrittori negli anni; altri due tomi per i Saggi di letteratura francese (vol. IV), con Rimbaud al posto d'onore; e poi Letteratura e società (vol. V), e finalmente questi Scritti sull'arte (vol. VI). Ricordiamo che Solmi è stato il primo a segnalare in sede critica la grandezza di Montale, con il quale aveva condiviso il servizio militare a Parma, recensendo nel 1926 gli Ossi di seppia ancora freschi di stampa.
Il lavoro compiuto da Giovanni Pacchiano in questi quasi trent'anni è stupefacente: ogni scritto di Solmi è puntualmente chiosato e filologicamente collocato, e ciascuno dei tomi ha una Nota del curatore che è un vero e proprio saggio, con allusiva titolazione: Fantasmi di nebbia, La stoffa dei sogni, Giovinezza fervida e indecisa, Lettore d'Europa, Camminare sull'arcobaleno, Il compasso della mente e, per l'ultimo volume, Intensamente guardare.
Fa impressione veder riuniti in un grosso volume gli scritti sull'arte di un autore come Solmi che non si riteneva critico d'arte, bensì osservatore curioso e interessato, oltre che amico di molti artisti. E proprio la curiosità intellettuale è il demone che ha sempre animato Sergio Solmi, dietro la sua immagine di altoborghese dirigente dell'Ufficio legale della Comit di Raffaele Mattioli: curiosità che l'ha spinto perfino nei territori della fantascienza, sia come poeta (Levania e altre poesie, 1956), sia come pungolatore culturale (è stato lui a far scoprire la fantascienza a Fruttero & Lucentini, che la professionalizzarono da Einaudi).
Altra volta ci soffermeremo sul Solmi poeta, che tuttora non ha il posto che merita nel Pantheon del Novecento: qui ci limitiamo ai testi dell'ultimo volume, che si apre addirittura con una Breve storia della pittura italiana, in cui, fra l'altro, si dà a Modigliani quel che è di Modigliani, pittore prediletto con Morandi e De Pisis, e con Matisse preferito al pur ammirato Picasso.
Non mancano gli aneddoti, come quando viene rievocata la figura di Alberto Savinio, sonnacchioso fra gli amici del Caffè Aragno, col suo basco in testa, tanto che Marino Mazzacurati l'aveva soprannominato «il brutto addormentato nel basco». Ma la raccolta si impone, oltre che per l'acume critico e per la valorizzazione di artisti ancora trascurati come Gabriele Mucchi e Francesco De Rocchi, soprattutto per la qualità della scrittura che fa di Solmi il più classico dei moderni. Il suo stile ha la sintesi infallibile di chi padroneggia il verso, e nel contempo, accostando ricordi personali a valutazioni critiche, dischiude aperture narrative che rendono godibilissima e istruttiva la lettura.
Questi nove tomi non dovrebbero mancare in nessuna biblioteca universitaria e delle scuole superiori. Essi restituiscono il gusto della lettura e risarciscono delle troppe delusioni provocate dall'attualità editoriale. Davvero, è meglio frequentare le biblioteche che le librerie.
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