giovedì 2 settembre 2021
Il confronto sull'esportabilità della democrazia (“Press Party” di martedì scorso), e sul destino dell'Unione Europea e della Nato, si arricchisce di nuovi contributi. Sullo sfondo, le affermazioni del giornalista ed europarlamentare francese Bernard Guetta (“Repubblica”, 31/8, titolo: «Usa, Europa e crisi afghana. Il XXI secolo inizia a Kabul»): «Svegliamoci perché abbiamo bisogno dell'Alleanza atlantica più che mai e l'unico modo per farla durare nel tempo è trasformare l'Europa in un attore strategico. Svegliamoci perché come è certo che il XX secolo iniziò a Sarajevo nell'estate del 1914, così è indubbio che il XXI secolo è iniziato a Kabul nell'estate del 2021». In che senso «attore strategico»? Armato forse non solo di diplomazia? Lo lascia intuire Paolo Mieli (“Corriere”, 1/9): «L'Europa è da decenni un continente specializzato nell'arte di “salvare la pace” ricorrendo esclusivamente alla diplomazia», fino al punto di dialogare pure con i regimi più illiberali. «È l'unica cosa che sappiamo fare. Ma non è detto che un insieme di 27 Paesi mediatori – talvolta in ordine sparso – del tutto incapaci di far valere, neanche in casi estremi, la forza sia in grado di dar vita a un mondo più pacificato di quello che ci lasciamo alle spalle».
Sempre sul “Corriere” (31/8) tocca a Leonardo Merlino riprendere le parole di Sartori e Cassese. La democrazia è esportabile eccome, e i suoi valori – qui cita Amartya Sen – sono «universali. La domanda non è sull'esportabilità della democrazia, ma sull'efficacia degli ostacoli alla democratizzazione», che in Afghanistan sono tre: «La diffusione dell'islamismo, la stabilità di forti identificazioni etniche, la presenza – talvolta dominante – del narco-traffico».
Fedele alla regola che buone domande sono preferibili a risposte approssimative, Gianni Riotta (“Repubblica”, 31/8) di domande ne mette in fila parecchie, tra cui questa: «La posta è nitida: crediamo che la democrazia nasca da valori e diritti originali, o la corrompiamo in ideologia, come predicano gli sciamani del totalitarismo in cattedra?». Una risposta autorevole viene da Salvatore Veca, il cui libro, presentato sul “Corriere” (1/9) da Pier Luigi Vercesi, ha un titolo inequivocabile: «Il mosaico della libertà. Perché la democrazia vale».
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