giovedì 22 giugno 2023
Putin, Bush e Berlusconi insieme, sorridenti, nell’atto di una stretta di mano a tre. Tra le prime foto comparse sul web con la morte di Berlusconi, questa mi ha colpito tanto da restare a guardarla a lungo, e riaprirla poi, nella giornata, incredula. Pratica di Mare, Roma, anno 2002: accordo fra Russia e Nato, nel tentativo di superare cinquant’anni di guerra fredda. “Accordo storico”, titolarono i giornali. Sembrò, in quel giorno di ventun’ anni fa, che i timori di una escalation degli armamenti nucleari impallidissero. Quei tre, con Berlusconi raggiante al centro, parevano volere la pace. Anche Putin, e sembrava sincero. Sbalorditivo oggi, rivedere quel viso sorridente. Ho negli occhi Bucha, l’assedio alla Azovstal’, il sabotaggio della diga di Kakhovka; so di centinaia di migliaia di morti, russi e ucraini. Tuttavia, in quel 2002, come Putin sorrideva. Quanto può cambiare un uomo? Era una farsa, quella faccia, o in qualche modo Berlusconi era riuscito a penetrare la corazza dell’ex agente del Kgb? O forse chi giunge ai livelli di potere di Putin è capace di assumere ogni volto: uno, nessuno e centomila, a seconda della necessità, e dell’ora. (Però, a me pare proprio che quel giorno Putin sorridesse davvero). Più tardi è comparsa sul web un’altra vecchia immagine: Berlusconi e Putin insieme in Russia, in testa quei berretti con i paraorecchie di pelo lunghi, contro il freddo estremo. E anche lì, Putin sorrideva. Poi c’è stata la sanguinosa guerra in Georgia, e nel 2014 l’”annessione” della Crimea. Noi in Occidente eravamo un po’ distratti. Il Putin di Pratica di Mare non esisteva già più. Ricordo l’ultima sua visita al Papa, nel 2019: arrivò in Vaticano con un ritardo pesante, le Guardie Svizzere sull’attenti bollivano sotto al sole di luglio. Un ritardo tale da sembrare voluto. E quanto interminabile il corteo di auto nere che entrò nella Santa Sede. Una visita, o un’ostile esibizione di potere? Già l’orizzonte era nero, già si preparava la tempesta che tuttavia ci colse quasi di sorpresa, quando una mattina del febbraio 2022 attoniti abbiamo visto i carri armati russi entrare in Ucraina. Nei mesi un crescendo di devastazione e ferocia. Intanto, le testate nucleari di Mosca sono arrivate in Bielorussia. Una minaccia da prendere molto sul serio, ha detto l’ambasciatore dell’Ucraina nel Regno Unito. Cerchiamo di non credere: non credere che possa accadere, davvero. Per questo quella foto a tre, le mani unite, di oltre vent’anni fa, mi è parsa roba dell’altro mondo. Come sorrideva Putin quel giorno, mi lascia stupefatta. Tanto da domandarmi dov’è la porta dello spiraglio di umanità, che sembra testimoniato in quello scatto. C’è, quello spiraglio, ancora? E, allora, sono una sciocca, sogno: che Putin, con un salvacondotto dall’ordine di arresto dell’Aja per crimini contro l’umanità, arrivi a Roma, di nuovo. Mi immagino che sia un’alba d’estate, quando la città è ancora silenziosa e addormentata . Se qualcuno potesse prendere sottobraccio lo straniero e condurlo per gli splendori di Roma all’alba, nella luce del solstizio di giugno. I Fori imperiali eterni, Trevi e lo scrosciare generoso della fontana di Navona. Il balcone alla fontana dell’Acqua Paola che s’affaccia, straordinario, sulla città come su un mare. La grande cupola, proprio sulla verticale della tomba di Pietro. Quel Caravaggio nella penombra di San Luigi dei Francesi, dove Cristo chiama Matteo. Se qualcuno potesse semplicemente condurre il leader russo per Roma, all’alba. Se tanta bellezza potesse commuoverlo; se, alla fine, sorridesse, per un momento, come vent’anni fa, ancora. Che sciocco sogno ho fatto. Assurdo. (O forse, in verità, era una preghiera). © riproduzione riservata
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