mercoledì 23 ottobre 2019
Tutto cambia ma è tutto come prima. Cambia il clima, le temperature alte sciolgono i ghiacciai e le piogge ogni volta accendono lo spettro dell'alluvione. Qualcosa sta cambiando, non v'è dubbio, ma a memoria personale l'autunno è sempre stato una minaccia per la fragilità strutturale del nostro Paese. La prima volta che m'accorsi di questo pericolo fu quasi 50 anni fa, quando coi genitori rimanemmo bloccati alla stazione di un paese non lontano dal nostro, per via della minaccia del fiume Tanaro. Lo stesso fiume che nel novembre 1994 è esondato, portando morte e distruzione nella mia Alessandria, dove nel frattempo ero andato a vivere. E lunedì ancora in questa terra, a Gavi e a Castelletto d'Orba, l'uscita di due torrenti ha messo a repentaglio intere famiglie. Ma se tutto cambia, a questo punto in peggio, perché tutto resta come prima? Non è la prima volta che i paesi nominati hanno subìto danni della medesima natura ed entità, ma dove sono gli argini a difesa? C'è evidentemente una lentezza nel decidere e un rimpallo, forse, da un'amministrazione all'altra. E questo rende tutto più insicuro. Sabato ero a Cuneo per visitare la Fiera Nazionale del Marrone nata 21 anni fa, proprio negli anni seguiti alla terribile alluvione. Ebbene, mentre la pioggia imminente annunciava una domenica bagnata, i cuneesi raccontavano una storia esemplare: hanno creduto in un evento pubblico e collettivo, hanno radunato la gente delle montagne e delle valli e richiamato migliaia di turisti anche dalla vicina Francia. E nonostante la pioggia si sono registrate 150 mila presenze. Cosa vuol dire? Una fiera che resta un punto fermo può diventare l'antidoto alla paura di chi invece è solo. Può far dire, durante l'inaugurazione, che i pochi chilometri che mancano al completamento dell'autostrada Asti-Cuneo sono una vergogna; può decidere, come ha fatto Confartigianato, che la cena di gala del marrone è per indicare un'opera, la Fondazione Ospedale Santa Croce e Carle onlus, che servirà a tutta la collettività. Insomma la politica che nasce dal basso, che si alimenta fra la gente, che chiede all'ente pubblico di fare il regista (e questo lo può fare), dacché le casse vuote non permettono più di elargire contributi a pioggia (nomen omen). Il livello di guardia di un'emergenza nel Paese lo può tenere sotto controllo solo un popolo. E c'è bisogno che qualcuno, questo popolo, torni ad ascoltarlo. Qualche volta in più rispetto al giorno dopo di un risultato elettorale.
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