Sgombrare la mente per tornare a pensare
venerdì 12 giugno 2020
Passo davanti al televisore acceso (che vorrei spento più spesso, ma in casa non esercito un potere assoluto) e vedo Massimo Cacciari, noto filosofo-politico, che urla a non so quali interlocutori: «Politica è decidere! Politica è decidere! È chiaro, è chiaro?». La radio è accesa e sento una voce che nel tono pacato di chi è competente dice: «Bisogna aumentare la velocità e la densità della trasmissione delle informazioni». Sulle pagine di un diffuso supplemento-libri leggo il titolo di una recensione che esorta «Impariamo dall'Egitto». Ricevo sul cellulare il messaggio di un amico scrittore che mi chiede aiuto perché la figlia ventenne iscritta da quest'anno a filosofia è spaventata dal modo di parlare di una docente che usa formule come «territorializzare l'atopia» e se gli studenti chiedono chiarimenti li maltratta... Potrei continuare. Era solo per dare l'idea di un'esperienza a tutti nota: l'essere immersi in un'atmosfera sovraccarica di parole, immagini, consigli, slogan, inviti, concetti che aggrediscono, invadono, intossicano le nostre povere menti. Una volta, anche se non spesso, si poteva ancora sentire l'espressione “purezza mentale”. Non sono del tutto sicuro di sapere che cosa significa: però lo immagino, e non sarebbe male se ognuno di noi provasse a capire che cosa potrebbe voler dire. È comunque certo che la “purezza mentale” non è favorita né incoraggiata dai media di massa vecchi e nuovi. Una delle cose meno favorite dal regime comunicativo in cui viviamo è fermarsi su un'idea o un oggetto di percezione abbastanza a lungo da ricavarne il massimo di conoscenza e chiarendo le sue implicazioni possibili. Vediamo: davvero «politica è decidere»? E' vero ma solo in parte. Prima di decidere si dovrebbe sapere e dopo aver deciso si dovrebbe realizzare. Invece che dal decidere, sarebbe meglio cominciare dalla parte opposta: politica è guardare, vedere la società intorno a noi. Dobbiamo «accrescere velocità e densità» nel flusso delle informazioni? A volte è utile, ma è la lentezza, non la velocità, a favorire la densità di ciò che l'informazione fornisce, se densità vuole dire “ricchezza, durata, spessore”. Dobbiamo imparare dall'Egitto? L'invito sa di provocazione, una provocazione giusta se ci consiglia di non considerare inutile lo studio del passato credendo che il presente contenga l'intera gamma delle esperienze umane. Nel presente ci impegniamo e si deve vivere, il passato va studiato, compreso, immaginato per relativizzare il presente e vederne i limiti. Ma che dire del «territorializzare l'atopia»? Bisognerebbe conoscere il contesto del discorso. L'atopia è ciò che non ha luogo. Territorializzare è trovarle un luogo. Impresa stimolante oltre che paradossale o impossibile. Lascio in sospeso il senso della questione. Ma un docente di filosofia credo che si dimostri tale soprattutto se risponde con calma a qualunque richiesta di chiarimento, anche la più disarmante. Del resto, “disarmare” un filosofo è un atto apprezzabile.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: