Sfide, cammini, speranze online per ricordare don Tonino Bello
venerdì 21 aprile 2023
Non sempre, in questi anni, ho trovato l’infosfera ecclesiale sensibile all’anniversario della morte di “don Tonino” Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. Ma ieri, sulla spinta della cifra tonda (è morto il 20 aprile di trent’anni fa), ho visto una bella concentrazione di post. Innanzitutto segnalo quelli dovuti a un’iniziativa annunciata ai lettori di “Avvenire” da Riccardo Maccioni (bit.ly/41oRdLD): «Parole vive - 24 ore con don Tonino». Mentre scrivo sono già 71 le videoletture di suoi testi “sine glossa” ricevute e pubblicate sulla pagina Facebook della Pro Civitate Christiana (la Cittadella di Assisi bit.ly/41Hvuyi ), e mancano ancora 8 ore alla conclusione. Ci si sono cimentati grandi e piccoli, personaggi pubblici e cristiani anonimi, donne e uomini, davanti a una libreria o da un giardino, o lasciando a don Tonino anche le immagini; perché l’idea è felice e meritevole di essere ripetuta per qualche altro anniversario, a dire che sui social ci sono anche delle “sfide” virtuose. Un’altra iniziativa sostenuta dalla Rete, particolarmente sui canali salentini, è partita per tempo (a Salve, il 26 febbraio) per poter approdare alla città natale di Alessano proprio in questi giorni (così la presenta il “Corriere Salentino” bit.ly/3LiR32R): si tratta de «L’Anello del Bello», un “cammino” circolare che, avendo come riferimento De Finibus Terrae, tocca «i luoghi che hanno formato la personalità e la spiritualità del venerabile don Tonino Bello», spiega il sito della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca ( bit.ly/3mMSLQz ). Da ultimo segnalo il post pubblicato su “Vino Nuovo” da Lorenzo Pisani ( bit.ly/3MTLCZk ). È una lettera, scritta al vescovo “don Tonino” a nome dei «giovani di trent’anni fa» per i quali egli è stato «seminatore e pastore». La pervade il sentimento del tempo trascorso, nella vita di chi scrive come in quella della Chiesa e del mondo. Ma l’inevitabile esame di coscienza non infiacchisce lo spirito: noi «dobbiamo essere i forti, quelli che custodiscono non la memoria ma le speranze, apparentemente deboli, flebili, eppure invincibili, come la candelina sulla torta che, a dispetto del soffio, non si vuole spegnere. Noi siamo quelli che il cambiamento d’epoca devono attraversarlo. (...) Per questo ci servivano radici salde, e tu ce le hai date». © riproduzione riservata
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