sabato 20 ottobre 2018
«Giuro che non avrò più fame» gridava Rossella O'Hara davanti alla sua casa distrutta dalla guerra e la terra incolta e povera. E questo è il titolo che Aldo Cazzullo dà al suo libro sull'Italia della ricostruzione. Duecento pagine di un racconto chiaro e facile per chi non ha vissuto quel periodo, oggi davvero lontano. Racconto che inizia come un pezzo di musica che non vuole subito essere rapito da chi ascolta, ma che ci porta piano piano in un tempo dove il coraggio superava la povertà, dove la vita voleva vincere sulla morte che aveva per anni oscurato le terre d'Europa.
Nelle piazze delle città e dei paesi si ballava per dimenticare quel dolore che aveva oscurato i giovani anni di una intera generazione. Neppure i pochissimi reduci dei campi di concentramento nazisti ebbero per i primi tempi ascolto e la loro pena restò per qualche anno ancora poco conosciuta. «Giuro che non avrò più fame», sembravano ripetere gli uomini del primo governo della ricostruzione davanti ai sacchi di grano che la nave americana aveva appena sbarcato al porto di Napoli. Sorridendo trattenevano le lacrime poiché il pane era la strada d'inizio della libertà del nostro popolo.
Nascono in fretta case, vie nuove, fabbriche. Si lavora con velocità e passione. Questa è la storia che l'autore con penna leggera ci racconta senza dimenticare dolori e ingiustizie. Le grandi leggi della libertà, della responsabilità di ognuno, del rispetto delle minoranze passeranno a gran voce nelle prime elezioni politiche dove la partecipazione arrivò al 92,2 per cento. L'atmosfera politica di quelle elezioni non si ripeterà mai più.
L'autore non segue solo il filo della politica, ma rende il suo racconto interessante guardando in contemporanea lo sport, la scuola, la moda e la nuova strada autonoma delle donne quando termina il capitolo a loro dedicato con parole che voglio qui trascrivere: «Il debito di gratitudine che tutti noi, uomini compresi, abbiamo per le donne della Ricostruzione, per le nostre madri, e le nostre nonne, è immenso».
L'interesse maggiore che desta questo libro non è tanto il racconto di qualche novità anche sulla vita di attori di cinema o di teatro coinvolto nel tempo nuovo del mondo politico. L'autore di questo libro ci porta a vedere un presente, al quale siamo portati a non concedere fiducia quando guardiamo i nostri giovani che non trovano ancora la ribellione ad un tempo dove sembra siano scomparse anche le tempeste dell'anima. E qui mi piacerebbe suggerire di non dimenticare quanti ragazzi camminano anche oggi sulla strada faticosa della carità e della suddivisione della pena e della povertà portando con sé le braccia aperte e il sorriso della speranza. Sarà presto Natale amico.
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