giovedì 3 agosto 2023
«Ciarlatani e indovini bussano alle porte dei ricchi e li convincono che con sacrifici e incantesimi hanno ottenuto dagli dèi la facoltà di riparare a qualche colpa commessa dal padrone di casa o da un suo antenato». È un passo di Platone, che prosegue sottolineando come questi ciarlatani promettono di ottenere guarigioni dai malefizi, avendo convinto gli dèi a mettersi al loro servizio. Il filosofo è perentorio nella sua condanna dei sedicenti maghi, che speculano sulle sventure o paure altrui. La magia in quanto tale non è amata, tra i Greci: è una scienza-religione praticata dai Persiani, ove confina con astrologia e mistica. I Persiani sono i nemici. Sono Magi, sapienti di Persia, anche quelli che, illuminati dalla stella si muoveranno verso la grotta dove è nato Gesù. I greci, pur diffidando della magia, ne vivono molte dimensioni: basti pensare a Ermes il messaggero degli dèi, che maneggia un’erba prodigiosa grazie alla quale Ulisse potrà sfidare gli incantesimi di Circe. Diffidano della magia e con essa convivono. Ma è magia alta, conoscenza, a fin di bene. Qui invece Platone condanna i maghi imbroglioni, impostori che sfruttano i dolori e le angosce dell’uomo: gli “operatori dell’occulto”. Già allora, identici a quelli di oggi. © riproduzione riservata
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