domenica 15 aprile 2012
La pala eolica che, solitaria, s'ergeva sul nostro crinale è crollata schiantandosi sulla boscaglia. Per lo più immobile, nella sua superba inutilità, si stagliava contro il cielo come feticcio dei nuovi tempi già malandati. Monito per valligiani e turisti: «Convertitevi alla green economy, coltivate pannelli solari, innalzate pale, sacrificate al sole e al vento e sarete beneficiati da sussidi economici e onori mediatici». Qualche volta funzionava ed era la materializzazione di un incubo aereo, un vorticare metallico, un sordo affettare che attanaglia calando dall'alto. Una dichiarazione di guerra alle creature correlata da una serie di aggettivi accattivanti: dolce, sostenibile, pulita, rinnovabile. Come la morte? La nostra pala eolica è crollata ieri, in un giorno di primavera durante una bufera, sei mesi dopo la sua comparsa. Tecnici e managers dell'installazione invocano, a loro difesa, un inverno particolarmente rigido che avrebbe leso il basamento e un vento particolarmente furioso a completare il danno. Solo per l'uso di quel «particolarmente» meriterebbero una condanna esemplare: l'inverno per sua natura può essere rigido e il vento furioso, saperlo è obbligatorio, invocarlo a propria discolpa equivale a reclamare doverosa punizione. Per la manifesta incapacità, l'incuria nel costruire, il risparmio sui materiali fino alla frode, posso solo rallegrarmi, avessero fatte le cose per bene sarebbe ancora lì e chissà per quanto. Più si incupisce il mondo tra crisi economica e inconsistenza politica, più risulta evidente che abbiamo costruito sulla sabbia e si persevera. L'ostentazione di buoni sentimenti e rettitudine morale non basta a penetrare un mistero che contempla il male, il dolore, la caducità dell'umano operare. D'altra parte chi lenisce la propria disillusione con cinismo ed arroganza non può cogliere quanto di bene, quanto di bellezza e meraviglia la vita offre, comunque, e per quanto possa considerarsi libero ed autosufficiente non fa che offrire il proprio legame al nulla, al senza senso; la religione del nichilismo. Ognuno in cuor suo sa, almeno una volta nella vita è stato consapevole, che al di là di ogni dimensione esterna c'è una condizione umana che ci interroga aprendo uno spiraglio sul mistero della vita. Per fare di questo spiraglio un punto di vista, uno sguardo quotidiano poi un procedere sul cammino, c'è necessità di maestri, buoni insegnamenti, di esempio. Io ho trovato nell'allora cardinale Joseph Ratzinger, nei suoi libri, ciò che cercavo; sempre cadendo, rialzandomi, cadendo, sempre bisognoso di perdono. Il mio maestro, salito al soglio pontificio, è oggi il santo padre Benedetto XVI; la luminosità del suo sguardo, la dolcezza del suo gesto sono il sigillo della grazia che pervade il suo celebrare, l'operare, ogni sua parola. Per quanto indegno non posso non unirmi alla gioia di tutti coloro che, domani 16 aprile, festeggeranno il suo ottantacinquesimo compleanno rendendo grazie a Dio per la sua presenza tra di noi.
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