Se la moralità è una virtù dell'uomo comune
venerdì 19 gennaio 2018
Mi è capitato, per caso, di vedere il film di Clint Eastwood Potere assoluto. Un film non molto credibile e pieno di difetti. Ma la cosa che colpisce è l'idea di fondo, il conflitto cioè fra un ladro di gioielli (lo stesso Eastwood) e il presidente degli Stati Uniti (Gene Hackman). Nel cinema americano situazioni del genere sono state riproposte ossessivamente: chi è più in basso nella scala sociale è umanamente migliore e moralmente più onesto di chi è in alto, magari troppo in alto e ha preso l'abitudine di comandare e essere ubbidito. We, the people… Noi il popolo: le prime parole della Costituzione americana parlano chiaro. La legge, la legalità, l'etica civile e pubblica, il sistema politico, l'organizzazione della vita sociale, tutto ruota o dovrebbe ruotare intorno all'astro del popolo. Destra o sinistra, repubblicani o democratici, fanno appello al popolo, alla maggioranza, all'americano comune e medio, ai suoi interessi e ai suoi ideali. L'idea molto europea che fra democrazia e capitalismo c'è più spesso contraddizione che complementarità, è un'idea che negli Stati Uniti non si è radicalizzata al punto da far pensare che una “vera” democrazia sarà possibile solo quando il capitalismo verrà abolito da una rivoluzione o da profonde riforme in senso socialista. In America la società è fatta anzitutto di individui orgogliosi e gelosi della propria autonomia. L'ottimismo di quella che è stata la prima democrazia moderna attribuisce ai singoli una priorità morale perfino superiore alle regole e ai comportamenti sociali. Una società che non sia una società di individui è ritenuta pericolosa. Nel film di cui Eastwood è regista e protagonista, l'individuo senza potere né cariche pubbliche rappresenta la morale sebbene sia un ladro genialmente abile (ma ex eroe di guerra che ruba gioielli, cioè sottrae ricchezza superflua a chi ne ha fin troppa) mentre l'immoralità, la disonestà con gli amici, l'abuso di potere, e perfino la perversione sessuale e la violenza caratterizzano niente di meno che il presidente della nazione. Alla fine è il ladro a smascherare un capo supremo che tende a rendere “assoluta” la sua autorità. Sarà anche soltanto una bella favola, ma Eastwood (politicamente piuttosto a destra) tende a realizzare film morali in cui si ribadisce che il Paese continua ad avere bisogno di individui che per ragioni di principio e di carattere, magari soli e senza aiuto, si incaricano di sfidare la prepotenza del potere anche quando è incarnato dalle più alte istituzioni statali. Il film estremizza tutto questo. Ma ci ricorda fin dove arriva in America il populismo individualistico.
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