mercoledì 1 maggio 2013
«Profeta scomodo di libertà e giustizia». Titolo sul "Corsera" (27/4, p. 61) per Corrado Stajano che cogliendo l'occasione di «una piccola selezione» degli scritti edita da Chiarelettere ricorda don Mazzolari. Esordio interrogativo: «Chissà se dice qualcosa ai giovani di oggi il nome di don Primo Mazzolari?» Seguono due colonne di ammirato racconto su lui e i suoi grandi amici, Turoldo, De Piaz, Bo, Santucci, Nazareno Fabbretti, Umberto Vivarelli: 4 preti e due laici, cattolicissimi. Stajano poi ricorda «i suoi rapporti con la gerarchia non… facili», certi guai con l'allora Sant'Offizio e le vicende anche dolorose del quindicinale "Adesso", e aggiunge la testimonianza di don Virginio Colmegna, animatore della Caritas ambrosiana, per il quale gli scritti di don Primo sono «di un'attualità sorprendente, ricchi di proposte, di lumi di saggezza, con tante intuizioni che entreranno nelle speranze del Concilio Vaticano II». La conclusione è sull'arrivo di Papa Giovanni che «per don Primo (fu) la libertà, il portatore di luce», e poi sull'Udienza del febbraio 1959, prima a lungo e a più riprese ostacolata da prelati dell'allora Casa Pontificia, ma fortemente voluta da Papa Giovanni stesso che accolse don Primo allargando le braccia e definendolo «la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana». Che dire? Benissimo. Manca però una cosa importante: oggi nella Chiesa cattolica è avviata la causa di beatificazione di don Mazzolari. Di più: tra i promotori della Causa, oltre a monsignor Loris Capovilla, allora segretario di Papa Giovanni, ci sono personalità della Casa Pontificia stessa, proprio quella sede che un tempo aveva tanto frenato l'incontro di don Primo con il Papa. Un bel segnale!
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