martedì 28 giugno 2022
È possibile cogliere la verità di una città e racchiuderla in poche parole? Cominciamo con Napoli e Gabriele Salvatores, intervistato da Renato Franco (“Corriere”, 26/6). «Napoli mi ha insegnato la sua grande verità, saper ridere delle disgrazie, la capacità di unire tragedia e commedia che ha alimentato il mio modo di essere e il mio cinema». Finiamo con Verona (prima del ballottaggio) e Tim Parks intervistato da Concetto Vecchio (“Repubblica”, 25/6): «I veronesi sono conservatori, si tengono gli amici che avevano già nella prima infanzia. È una città fortezza, e questa chiusura si riflette in politica». Il giorno dopo Damiano Tommasi, eletto sindaco, dichiara senza tema di smentita: «Vinco senza insultare» (“Corriere”, 27/6). Poche pagine dopo Giuseppe De Rita, certo è una coincidenza, affronta l'arduo tema della «semantica dell'aggressività» con lo sciagurato ingresso della parola odio della dialettica politica: «I protagonisti partono come rivali dalle idee diverse; poi non si spiegano e non si piegano, e finiscono per rompere la loro piattaforma di relazione. A quel punto non resta che insultarsi con toni sempre più rancorosi, fino ad ammettere, magari anche allo specchio, che “quello lo odio”». Dubitiamo che possa odiare – l'odio consuma, è fatale dispersione di energie – il nuotatore. Ricorda Maurizio Crosetti (“Repubblica”, 26/6): «Il nuoto è un esercizio di profonda solitudine e segreto dolore». Soli e sofferenti durante le vasche infinite in allenamento, sprizzanti di gioia sul podio: con sette ori, agli Europei di Budapest gli azzurri sono secondi nel medagliere dietro gli Usa ma davanti ad Australia, Cina e Canada. Commenta Benny Casadei Lucchi sul “Giornale” (26/6): «Non c'è nulla di più italiano di saper uscire da certa melma proprio quando il mondo intero scommette contro di noi». E senza odiare, grazie.
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