sabato 29 aprile 2017
Cosimo Argentina
Il rito del caffè, le montagne, il fresco della sera o la brezza dei pomeriggi di fine estate, le mattine limpide con quel cielo che è fatto a tetto sopra le vette e che scivola tra un pendio e l'altro, il fruscio degli alberi e il soffice venir giù della neve. Su tutto questo l'amicizia di due uomini, due friulani, uno col volto come tagliato con l'accetta l'altro allevato a melodie e canti. Ciò che ne vien fuori è un lungo scambio di idee, ricordi, pensieri, un rimestare tra ciò che è stato e quello che si ha ancora intorno. Sconfitte, soddisfazioni, uomini che sono morti e morendo si sono portati dietro il talento e la forza che avevano in vita. Non c'è nulla di peggio che vedere il corpo inerme di un uomo che durante la sua esistenza è stato vitale e potente e allora riparlarne è come riportarlo in vita perché noi non moriamo mai, almeno fino a che gli amici o gli ammiratori avranno modo di esaltare, attraversi i ricordi, ciò che siamo stati e quello che abbiamo fatto su questa terra.
Mauro Corona e Luigi Maieron mettono in scena la quotidianità. Pensieri a briglia sciolta come spesso accade tra amici. Bere insieme e ridere, ma anche lasciarsi sopraffare dai ricordi, non tutti piacevoli, non tutti edificanti. E poi farne un libro, scegliere come titolo Quasi niente (Chiarelettere, pagine 173, euro 14), darlo alle stampe per condividerlo con altri, con il lettore oscuro, con chi c'è dietro la siepe.
In quest'opera, a tratti in terza persona a tratti impostata sugli scambi di battute tra Corona e Maieron, tutto trova spazio. Dai dubbi sull'aver fatto una cosa giusta a narrare le vicende umane di una comunità, fino all'emozione dell'omaggio a Mario Rigoni Stern e al suo addio a questa vita. Tutto è niente, questa la frase che Mario Rigoni aveva pronunciato davanti alla moglie che gli mostrava le copertine dei suoi ristampati libri mentre lui si apparecchiava il letto per l'ultimo viaggio. Ma i dialoghi tra Corona e Maieron procedono senza un apparente filo conduttore che non sia quello della memoria. Tra i tanti ricordi forse il più toccante del libro è quello che vede come protagonista Anna, una donna nata sul finire dell'800, morta per amore. Anna è sposata con Nel. Il marito fa la stagione in Austria come taglialegna e poi rientra per l'inverno. Ma quell'anno Nel ritarda il rientro e rumors di baita mormorano che si sia invaghito di una donna d'oltre confine e se ne stia lì, sul versante austriaco, con lei. Anna non può sopportare il dubbio, non può non capire e allora si mette in viaggio per raggiungere l'uomo della sua vita. Cammina per otto ore tra sentieri, passi e passaggi tortuosi fino a che non arriva a destinazione. Lì trova Nel con l'altra. Il marito reagisce con durezza e la rispedisce a casa, brutalmente, che lui è un uomo e lei una donna ed è a casa che deve stare. Dopo il viaggio di ritorno Anna si ammala e la vita le sfugge tra le dita. E il passo montano utilizzato da Anna torna in un altro racconto, quello della fucilazione di tre ragazzi carnici e di uno di Maniago.
Corona e Maieron mostrano, con i loro dialoghi, l'amore per la terra, questa terra di confine dove sono cresciuti, una frontiera per cui s'è combattuto e ucciso. E l'altro amore, l'altra passione, oltre il Friuli, è la letteratura ed è per questo che nei discorsi e nei racconti entrano a vario titolo citazioni da Borges, Hemingway, Heidegger, Sgorlon, Camus, Gobetti e altri grandi del passato perché se la letteratura ha una missione questa è proprio la testimonianza di un mondo che cambia, ma di cui è necessario salvaguardare le tracce e gli insegnamenti.
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