martedì 25 aprile 2017
Giorno della "Liberazione", con parallelo. Francesco (ieri, lunedì 24/4/2017 un po' su tutti i giornali) ricorda con affetto don Lorenzo Milani: da prete ha servito Gesù Cristo e la sua (di Gesù) Chiesa anche nei suoi ragazzi.
Nei ventuno anni di questa rubrica ho contato almeno 100 volte dedicate a lui con affetto e ammirazione. Una gioia! Secondario che ciò avvenga nel contesto di un'operazione accortamente libraria mescolata da cronaca e pubblicità anche a indecenti fantasie romanzesche. Conta la rivendicazione autorevole al massimo: don Lorenzo è stato un prete vero, un prete donato alla Chiesa e al mondo dalla fantasia senza confini di Dio, unico identicamente "Santo".
Del resto questa è "Parola", ove i canoni di santità sono tutti per gli altri da amare e liberare, unica vera immagine di Dio resa reale dal Verbo Incarnato: «Siate Santi, perché Io sono santo!» (Lv. 19, 2 e ss.). Don Lorenzo: molti, quasi tutti da vivo non lo hanno riconosciuto, ha sofferto per la Chiesa e per i poveri anche incompreso da molti poveri ed emarginato dalla Chiesa stessa. Sarà sconcertato chi anche in alto vide e offese in lui il «comunistello di sagrestia» punito come scomodo e imbarazzante, dentro e fuori. Felice lupus, quindi.
Ma va ricordato che l'elogio papale non nasce dal nulla. Non serva da scusa per i carnefici: è un fatto. La cosiddetta "riabilitazione" non è solo di oggi. Già nel decennale della morte "Avvenire" elogiò per due giorni la sua «fede esemplare» e nel secondo (25/6/1977) di quei giorni questo giornale diede quasi l'intera p. 5 alla testimonianza della sua fede, splendido imitatore di Cristo anche nelle provocazioni.
Quasi pagina intera? Sì, e proprio lì accanto allora si leggeva che Paolo VI aveva accolto le dimissioni del cardinale Florit che nei fatti non aveva capito don Lorenzo e lo aveva fatto soffrire: come una firma di Dio, giusto già su questa terra.
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