mercoledì 24 aprile 2019
Quello che stiamo vivendo sarà ricordato come l'anno dei ponti: una vacanza speciale che da Pasqua arriverà fino alla prima settimana di maggio. E non serviranno le piogge di aprile a fermare il desiderio di prendere posto in una delle tante aziende agrituristiche del nostro Paese, che hanno segnato un boom proprio sotto Pasqua. Sono i giorni, questi, dove si scoprono le località turistiche secondarie, soprattutto in campagna, ma qualcosa di strano e inatteso sta facendo breccia. Il mio macellaio di fiducia, che conduce un'agrimacelleria nel Monferrato, lunedì mi diceva che non ci son più gli acquisti per le grigliate di un tempo. Sta scemando una certa socialità, che di solito si manifestava quando c'erano giorni di vacanza. Ma anche un'anziana signora di un altro paese cartolina era sconsolata: nei paesi non è più come una volta e se muore qualcuno non lo vieni neanche a sapere. Si chiama individualismo tutto questo ed è la piaga sociale dei nostri giorni, dove in qualche modo si è perso il senso di comunità. Ho provato a girare per questi borghi bellissimi e non mi sembrava vero che il sabato pomeriggio precedente la Pasqua i negozi fossero chiusi e finanche i bar. E c'era il bel tempo, da cui ammirare le valli in una visuale sterminata: non era quindi il meteo l'obiezione. C'è dunque qualcosa, di questa crisi, che ha lasciato il segno, come se avesse riprodotto una crisi di relazioni che si evince anche da un dato curioso: alzi la mano chi ha visto gruppi di bambini o di ragazzini che si autorganizzano per passare il tempo. Anche i campi di calcio restano vuoti, colpa l'autoccupazione dei figli e non certo per studiare di più. Un tempo non molto lontano in ogni comunità c'erano dei poli di aggregazione, che non solo funzionavano per il tempo libero, ma favorivano il confronto, il progetto, proprio nelle aree rurali. Le parrocchie da cui derivavano gli oratori erano uno di questi, ma oggi mi dicono che il sacerdote è troppo impegnato a gestire un pool di paesi e a garantire le funzioni elementari. Il sindaco ha pure lui il suo bel da fare, visto che il 10% dei Comuni italiani è a rischio default. E la Pro loco? Era un'idea fantastica, ma in molti casi si è ridotta a organizzare la sagra sui cibi più svariati e con le leggi attuali tutto sta diventando più difficile. Eppure siamo usciti dal Dopoguerra (merita ricordarlo visto che domani è il giorno della Liberazione), dove i rapporti sociali erano la ricchezza. Non credo che i nostri padri immaginassero una società così impoverita, dove alla fine ha vinto quell'individualismo che è il punto più vulnerabile di ogni potere. E se molti Comuni si apprestano alle elezioni, una domanda dovrebbero porsela: come combattere questa piaga, che oscura l'assunzione di responsabilità?
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