Redditi agricoli, la crescita è lenta
sabato 24 dicembre 2011
Contr'ordine: i redditi degli agricoltori italiani nel 2011 sono cresciuti. Il comparto, però, stenta ad ingranare la marcia giusta (il Pil nel terzo trimestre è diminuito dello 0,9%), mentre l'ultima Manovra ha posto un ulteriore salasso al comparto. È fra queste due – apparenti – contraddizioni che si delinea la situazione reale di un settore che continua ad avere un'importanza fondamentale per l'intera economia. Stando ad Eurostat, dunque, l'anno che sta per chiudersi farà registrare un aumento dell'11,4% dei redditi agricoli nazionali
rispetto al 2010. Un dato positivo che però deve fare i conti con il -30% registrato negli ultimi dieci anni e con la constatazione che ad oggi non è ancora stato raggiunto il livello del 2005. Eppure l'Italia agricola ha marciato più veloce della media europea. In Europa, infatti, i guadagni medi per agricoltore salgono del 6,7%, con picchi del 43, 7% per la Romania, del 41,8 per l'Ungheria; ma anche il Lussemburgo segna un aumento del 25,2%, la Danimarca del 20,2% e la Germania del 14,7%. In discesa il Belgio (-22,5%), Malta, (-21,2%) Portogallo (-10,7%), Finlandia (-9,6%), Francia (-2,6%) e anche Spagna se pur di poco (-0,23% rispetto al 2010). Insomma, la ripresa nei redditi c'è stata, fa notare Confagricoltura, ma si tratta di un risultato che deve far riflettere e che richiede interventi articolati e completi, in termini di politiche di sviluppo. «La ripresa dei redditi – dice però la Cia-Confederazione italiana agricoltori – rappresenta un elemento significativo poiché interrompe una flessione continua che aveva accresciuto i problemi dei nostri agricoltori». Certo però che
il salasso da un miliardo di euro calcolato dalla Coldiretti rispetto all'Imu (e condiviso anche dal Ministro Mario Catania), non promette un 2012 facile.
Intanto, continua il mutamento della struttura dei consumi alimentari. Coldiretti ha fatto notare, per esempio, che la "ripresina" registrata proprio sul fronte dei consumi sarebbe in buona parte dovuta al +2,9% delle vendite su base annuale dei discount alimentari. Sempre secondo questa organizzazione, nel corso del 2011 il 25% degli italiani ha aumentato la frequenza dei discount mentre, all'opposto, il 38% ha ridotto la propria presenza nei negozi alimentari tradizionali. D'altra parte, in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, la scelta fra un prodotto semplicemente normale (e apparentemente "buono") ad un prezzo abbordabile, e uno di alta qualità ma ad un prezzo elevato, è quasi obbligata. Insomma, i rischi ci sono, ma devono essere rapportati alla certezza di avere il portafoglio vuoto. A complicare le cose, poi, c'è anche la scarsa conoscenza dei prodotti certificati. L'Ismea (che si occupa di monitorare i mercati agricoli), ha rilevato in un'indagine svolta presso la grande distribuzione e durata tre anni che il grado di informazione sui numerosi prodotti Dop e Igp è ancora drammaticamente limitato e circoscritto. Insomma, è con questi elementi che nei prossimi mesi l'agricoltura dovrà fare i conti.
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