Raffaello in Tv, pennellate d'autore
mercoledì 8 aprile 2020
Ibiografi di Raffaello sostengono che il grande genio del Rinascimento sia nato e morto oltre che nello stesso giorno anche alla stessa ora: alle 3 di notte del 6 aprile, che era un Venerdì santo sia nel 1483 che nel 1520. Si dice anche che gli ultimi istanti della sua breve vita li abbia passati a dipingere il volto del Cristo trasfigurato. In ogni caso gli sono bastati 37 anni per consegnarsi all’eternità. «Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire», fece scrivere Pietro Bembo sulla tomba del pittore assoluto nel Pantheon di Roma. Un elogio che più bello non si poteva e che Antonio Paolucci, ex direttore dei Musei Vaticani, riprende a conclusione del pregevole docufilm Raffaello – Il Principe delle arti riproposto da Sky Arte lunedì alle 19,45 in occasione dei cinquecento anni dalla morte del pittore e architetto che si formò tra la sua Urbino e Perugia, si plasmò a Firenze e si consacrò a Roma diventando il «Principe delle arti». A Urbino, il primo maestro fu suo padre, Giovanni Santi. A Firenze, invece, la fonte di ispirazione sarà la Cappella Brancacci, affrescata da Masolino e Masaccio, definita dallo storico dell’arte Antonio Natali il luogo ideale per raccontare i formidabili anni di una città che vide insieme Michelangelo, Leonardo e Raffaello. Anche a Roma la formazione avviene sul campo, cosa che ha messo ben in luce il documentario di Davide Savelli e Massimiliano Griner andato in onda praticamente a ruota di quello di Sky Arte: alle 21,15 su Rai Storia con il titolo, appunto, La Roma di Raffaello. Ma le celebrazioni televisive del cinquecentenario erano iniziate sabato 4 aprile alle 23,50 su Rai 3 con Raffaello – Il genio sensibile, un viaggio tra i capolavori celebri e meno celebri dell’artista urbinate condotto dallo storico dell’arte Luca Tomio attraverso luoghi simbolo come l’Ermitage di San Pietroburgo, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano o i palazzi storici della Firenze del Cinquecento. Nell’insieme i tre documentari, con gli altri programmi su Raffaello trasmessi nei giorni scorsi, hanno fatto un regalo a chi in tempi di Coronavirus sta giustamente invocando una tv che torni a fare cultura.
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