sabato 2 febbraio 2013
«Quote»: termine in voga. Ci sono per esempio quelle “rosa” nelle candidature alle elezioni. È modernità, ma… con qualche problema. Infatti deve dirsi “gender” (genere), e il vecchio dualismo maschio-femmina è superato. Sì, ma… quanti sono i generi? In… genere si dice 5 o anche 6, ma ieri (“Italia Oggi”, p. 12) Gianfranco Morra provocava intelligentemente avvertendo che oggi i sessi, visti come “generi”, «sono aumentati a 11». Vero, ma… così la “par condicio” nelle liste si complica. Sono stranezze dell'oggi. Ieri in pagina ce n'era un'altra, ma di diverso… genere. Su “Repubblica” (p. 40) il filosofo Mario Perniola polemizzava su «Sacro e profano contemporaneo» con questo titolo proclama: «Perché l'arte deve rimanere senza Dio». Nessun punto interrogativo: lui è certo. Leggi e scopri che ripensa a tutta la storia dell'arte, almeno fino da Platone, per sostenere che per fortuna non c'è più bisogno, e neppure ragione, di legare arte e religione. Per lui oggi nel mondo dell'arte si può fare tutto, per esempio «praticando stati di vita rivoluzionari, compiendo atti iconoclastici, vandalici e perfino terroristici». Insomma in nome dell'arte – seriamente – «ogni sorta di psicopatologie e di perversioni vengono legittimate e collaudate». Salvo malintesi giganteschi la tesi è che solo senza Dio oggi è possibile l'arte. Domanda: ma… quale arte? Quella di fantasie “filosofiche”, che si pretendono anche “ragionevoli”, avendo certe idee di filosofia e di ragione? Certo, ma se non filosofeggi e guardi realtà dell'arte, da Platone in poi, certe sicurezze appaiono davvero strane, proprio come quella che parla di 11 “genders”. Complicate davvero, queste “quote”!
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