domenica 19 giugno 2016
«Gli ebrei per pregare hanno bisogno del minian, un quorum di dieci maschi adulti: nove rabbini santi non possono accedere alla santità, hanno bisogno di un decimo, fosse pure l'ultimo e il più infame degli uomini, lo dice la Torah» (Moni Ovadia). Come nelle cittaduzze dell'Europa orientale dei secoli scorsi, così ovunque nel mondo si trovi un quartiere di ebrei osservanti, la preghiera chiede sempre dieci uomini. Ci vuole una piccola comunità per pregare, non si può farlo da soli. Non è un fatto privato. E non è neppure l'espressione di un'élìte di dottori o di santi, perché per raggiungere il quorum si deve ricorrere a chiunque, compresi gli sconosciuti o i forestieri, pur che accettino di partecipare. Il decimo uomo si chiama batlèn, che sarebbe il buono a nulla, il perdigiorno, quello che non vanta "né arte, né parte", diremmo noi. Un uomo che non ha un posto nell'ambiente di lavoro e in nessun circolo sociale o economico e che potrebbe sembrare, pertanto, del tutto inutile e parassitario. La preghiera gli riconosce, però, ciò che il mercato gli nega: la dignità di esserci! «L'individuo senza la società è nulla, ma anche la società senza il rispetto per l'ultimo degli individui è inefficace a fronte di qualsivoglia progetto autenticamente etico».
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