venerdì 20 maggio 2016
Dovessi dire qual è il libro italiano di questa stagione che mi ha colpito e appassionato di più indicherei La vocazione di Adriano Prosperi (Einaudi), che non è un romanzo, ma un serio libro di storia del cinque-seicento, sulla Compagnia di Gesù e i suoi primi adepti, le loro storie, il loro ingresso nella storia. Ma non è tanto il grande tema della vocazione quanto quello dei suoi modi di farsi scelta di vita o di essere sollecitata e assistita da un gruppo, da un "ordine", che desta nel lettore domande e inquietudini, peraltro tutte odierne anche se nate dal confronto tra quello ieri e questo oggi. Mi è sembrato (parlo da ignorante e profano) che da quelle storie si potesse ricavare un'attualità. Non credo di essere il solo a vedere delle grandi somiglianze tra il travaglio della società nel nascente "evo moderno" aperto dalla scoperta dell'America, e quello del nostro "post-moderno" aperto dalla globalizzazione, che non è solo fenomeno politico, ma anche culturale a causa dei nuovi modi di comunicare. Sant'Ignazio mandò per il mondo giovani preparati a intervenire nella novità del tempo, all'altezza della novità del tempo. Quella che il mondo sta vivendo esige nuovi modi di rapportarsi al mondo e alle sue ingiustizie. Credo, insomma, che il nostro tempo avrebbe bisogno, se non di un Ignazio (ma perché no? una geniale intuizione del papa attuale è stata, credo, di fare incontrare nella sua stessa persona Ignazio e Francesco. Una modernità e una perennità), di gruppi o movimenti che sapessero accogliere e indirizzare giovani intenzionati a essere fino in fondo attivi positivamente nella novità dell'epoca (cioè dalla parte del bene) che ogni volta va ridefinita e riconquistata nelle sue priorità e nei suoi bisogni. Ancora una volta individuando bene le vecchie e le nuove forme di ingiustizia. In difesa degli oppressi, e anche di quelli oppressi culturalmente, complici della loro stessa oppressione, e nel progetto di una società migliore. Essere all'altezza di tutto questo non è facile, ma è a questo che dovrebbero puntare gli educatori e quelli tra i giovani che più acutamente soffrono, capiscono e agiscono la mutazione, e ne sono i primi protagonisti.
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