venerdì 26 ottobre 2012
«La Chiesa: il dialogo possibile tra fede e modernità». Ieri doppia paginata su “Repubblica” (41–42) per Eugenio Scalfari uso all’«io» che stavolta usa un solenne «noi». Ho stima per il fondatore di Repubblica, ma molti tratti sono proprio all’ingrosso. Inizio singolare: «È stato molto importante il Sinodo»: ma in realtà è (in corso) fino a domenica. «I vescovi… nel Sinodo hanno rievocato il Concilio, ma il Papa stesso lo ha rievocato». Quel “ma” supporrebbe che per il Papa sia rievocazione rara: un migliaio di volte dal 19 aprile 2005 a oggi! Comunque per Scalfari «ce n’è… abbastanza per risvegliare il nostro interesse». In una rievocazione del Vaticano Secondo in relazione al Primo leggi che Giovanni XXIII indisse il suo Concilio con l’obiettivo di «…un capovolgimento spettacolare» rispetto al passato: «Non… soltanto una questione di forma, ma di sostanza…». E finalmente «Dio era ecumenico»! Qualche dubbio, vero? L’articolo disegna a modo suo una Chiesa che ha camminato, sì, ma non abbastanza e anzi ora torna indietro. Infatti per questo Papa pur una volta innovatore ormai «la Chiesa cattolica non è e non deve essere una Chiesa conciliare… I Concili, nella visione del Papa sono solo consultivi (e) quand’anche proclamassero nuovi dogmi, quei dogmi saranno già stati deliberati dal Vicario di Cristo» (!). Senza un minimo di esattezza teologica e anche storica… Di più: così l’Autore pensa di essere d’accordo col cardinale Martini – spiace per lui e per Martini – e perciò afferma che «il solo principio non negoziabile… è il Cristo Figlio di Dio» e che «il tempo delle evangelizzazioni è finito». Ma è Vangelo (Mt 28,20)! Proprio «il Cristo Figlio di Dio» ha detto ai suoi discepoli – c’era anche Pietro – che «fino alla fine dei tempi» è tempo della evangelizzazione. Non si può avere tutto, ma un minimo sarebbe necessario, vero?
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