domenica 13 novembre 2011
Qualcuno ricorderà un libro affascinante: "La Bibbia aveva ragione" (nel 1957 Premio Bancarella, riedito nel 2007), il cui autore, il tedesco Werner Keller, ebbe, però, il torto di considerare la Bibbia anche come testo storico-scientifico. Il laicismo – per esempio Piergiorgio Odifreddi – cerca spesso di demolirne il valore, perché – afferma – l'unica verità viene dalla scienza, che invece nel suo sviluppo spesso smentisce se stessa e questa volta dà ragione alla Bibbia. È il caso della mostra "Homo Sapiens. La grande storia della diversità umana" apertasi giovedì scorso a Roma. Curata dai genetisti e antropologi Luca Cavalli Sforza e suo figlio Francesco, e dal darwinista Telmo Pievani, l'esposizione documenta come «i primi esemplari del genere Homo, [...] si diffusero a partire dal continente africano e colonizzarono l'Eurasia» e come, «molto tempo dopo, piccoli gruppi appartenenti alla nostra specie, Homo sapiens, uscirono ancora dall'Africa e affrontarono l'esplorazione di vecchi e nuovi mondi» (cito dall'Unità di giovedì 10, ma le stesse cose dicevano tutti i quotidiani e L'Espresso). Qualcuno ricorderà anche come il dibattito fra il monogenismo e il poligenismo – il genere umano scaturito da una sola coppia o da più coppie in diverse parti del mondo – era vivace fino oltre la metà del secolo scorso: il mondo "laico" era compatto per il poligenismo, che ammaliava anche qualche teologo cattolico. Nel 1950 Pio XII dovette intervenire con l'enciclica Humani generis per riaffermare che «i fedeli non possono abbracciare quell'opinione [... secondo la quale] dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo quale progenitore di tutti gli uomini» come «le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano». Le reazioni dei poligenisti furono dure, ma oggi sono proprio tre scienziati decisamente laicisti a sottoscrivere e corroborare quella famosa enciclica e, soprattutto, la Bibbia. La vera scienza non teme di smentire le proprie temporanee "verità" quando vanno verificate. Con buona pace di Odifreddi, che vive solo attaccato ai superabili dogmi di Laica Madre Scienza.

L'AUTORITÀ DAL BASSO
C'è poi il problema dell'autorità. Come afferma il sociologo francese Alain Touraine (Repubblica, lunedì 7), ci troviamo nella «impossibilità di regole morali e, prima ancora, religiose» e, dunque, nella necessità di «togliere di mezzo la nostalgia per un surplus di autorità». Valgono solo «due principi fondamentali. Il primo è la scienza, la ragione» (ci risiamo), «il secondo l'abbiamo ereditato dal cristianesimo e dal secolo dei lumi. È quello dei diritti fondamentali dell'uomo, vero fondamento dell'autorità morale». E infine: «L'autorità non discende più dall'alto, ma matura in basso, in ogni individuo». Spiacente: se è eredità cristiana e «matura» in tutti gli uomini, allora non può esserci dubbio: l'autorità morale, che è la base di tutte le altre, discende dall'alto. Touraine ha la risposta sotto il naso e non la vede.

IL FEMMINILE DEL FATTO
Confermo: Il Fatto quotidiano, potrebbe chiamarsi "la fatta". Nel suo inserto satirico Il Mis-fatto (domenica 6), era possibile contare dieci parolacce nella sola prima pagina e altre ventuno in quelle successive (non poche maleodoranti).
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