Quando la cultura diventa maschera
venerdì 9 ottobre 2020
La cultura è di per sé un valore? No, il valore dipende dal come e dal perché si acquisisce cultura, la si assimila e la si usa. Succede oggi più che in passato che una cultura polverizzata e diffusa un po’ dovunque serva solo come ornamento sociale e quindi venga usata più per eludere la realtà e proteggersi dalla verità che per cercarle e rivelarle. Sia per i professionisti della cultura, che vivono nelle istituzioni e ricoprono cariche, sia per gli snob culturali che vogliono apparire superiori agli altri, essere colti o esibirlo serve soprattutto a ottenere prestigio, autorità e potere. Benché frequentino il patrimonio culturale e dispongano di una certa erudizione, sembra che su se stessi non riflettano e non abbiano mai riflettuto. Il socratico “conosci te stesso” è un comandamento intellettuale che ignorano. La cultura si trasforma così in una maschera che ostacola la consapevolezza. Un giovane filosofo italiano morto purtroppo suicida all’inizio del Novecento, l’ebreo Carlo Michelstaedter, intitolò il suo unico libro La persuasione e la retorica, stabilendo la differenza fra due opposti aspetti della cultura. Persuasione come piena autocoscienza del proprio presente e retorica come linguaggio e comportamento con cui ci si mette al servizio del mondo sociale così com’è, dimenticando, anzi rinnegando ogni bisogno di verità, autenticità e superamento di sé. Il conflitto fra questi due modi di pensare e di essere è presentato da
Michelstaedter come radicale e drammatico. La persuasione è critica contro quella “retorica” su cui si regge la logica dello sviluppo storico–sociale, è lotta contro le falsificazioni della vita indotte dallo scambio pratico, economico e politico dominante. Oggi sempre di più il valore della cultura diventa valore di mercato o autorità istituzionale. I valori di cultura che sono fuori di queste regole rischiano l’irrilevanza pubblica. Devo queste considerazioni alla lettura di un opuscolo pubblicato dalla Nuova Editrice Berti, che raccoglie cinque articoli di George Orwell, intitolato Libri contro sigarette. È un Orwell minore che descrive e rievoca i suoi rapporti con i libri; ma l’articolo fondamentale è «Perchè scrivo», poche pagine in cui l’autore condensa la propria autobiografia letteraria e morale. La cosa che colpisce di più ogni volta che si legge Orwell è la sua semplice, istintiva ma inflessibile onestà. È la capacità di tenere vive le sue persuasioni evitando ogni forma di retorica.
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