giovedì 30 agosto 2018
Il crollo del ponte Morandi e la vicenda della nave Diciotti: come non di rado succede, moltissimi italiani si sono scoperti improvvisamente esperti di grandi opere infrastrutturali e flussi migratori e hanno utilizzato soprattutto i social per veicolare opinioni, invettive, sovente rancori.
Una caratteristica costante di queste prese di posizione è la loro immediatezza, nel senso non solo temporale, ma spesso altresì logico, cioè senza adeguata riflessione e approfondimento. E – ahimè – talvolta in questa trappola ha rischiato di inciampare anche questo o quel responsabile istituzionale, la cui funzione imporrebbe per contro ponderazione e previa informazione.
Il più delle volte è questione di non conoscenza o smemoratezza circa la storia di un problema. Così si avanzano suggerimenti di ri-statalizzazione o nazionalizzazione delle autostrade senza tenere conto della lunga discussione, tecnica e politica, sulla preferibilità dell'intervento pubblico in chiave di regolazione e controllo piuttosto che come proprietario e gestore.
Altre volte rileva la netta divaricazione tra la reale portata di un fenomeno e la sua percezione: è il caso dell'immigrazione. Non soltanto sembra a molti sfuggire la distinzione tra immigrati e rifugiati, ma predomina la convinzione, smentita peraltro inoppugnabilmente da tutti i dati disponibili, di essere invasi da un torrente impetuoso e inarrestabile di migranti per lo più neri e musulmani, quando invece l'immigrazione è stabile in Italia ormai da alcuni anni ed è composta in prevalenza da donne e da persone di religione cristiana; o la convinzione che sia l'Europa a sostenere il peso maggiore dell'accoglienza e, al suo interno, l'Italia, mentre i rifugiati sono accolti per i 5/6 da Paesi in via di sviluppo e la percentuale italiana sulla popolazione è tra le più basse in Europa (dati Eurobarometro-Istituto Cattaneo).
In queste condizioni, piuttosto che ipotizzare il rafforzamento di strumenti di democrazia diretta di tipo referendario, servirebbe avviare o potenziare esperimenti di democrazia deliberativa, cioè occasioni per riflettere, ponderare e discutere, e così alla fine poter giungere a decisioni davvero assoggettabili a verifica da parte di un'opinione pubblica informata e formata
Utopia? Forse sì, a giudicare dalla marginalità delle voci che invitano a informarsi e a riflettere, e dalla rumorosità, per contro, di quelle che esprimono con immediatezza semplificata opinioni (e talvolta insulti). Ma l'immediatezza, così praticata, può mettere a rischio la democrazia, che è sintesi di consenso popolare-elettorale, garanzia dei diritti, separazione-equilibrio tra i poteri dello Stato.
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