giovedì 29 novembre 2018
Da principio non è mai troppo difficile: basta cominciare dall'inizio. Nel nostro caso, trattandosi di cinema, dai primi cortometraggi dei fratelli Lumière, che non per niente hanno prestato il loro nome a questa rubrica. Ma le conclusioni, quelle sì che sono un bel grattacapo. Qualsiasi narratore sa bene che, finché è nel mezzo della storia, potrà moltiplicare personaggi e situazioni a piacimento, ma mentre si avvicina al finale dovrà predisporsi a una scelta. Raccontare è sempre un'esperienza di libertà. Allo stesso modo, però, portare a compimento una favola implica la necessità di assegnarle una morale. La libertà rimane, ma si esprime in un atto di responsabilità.
Un anno fa, quando è cominciato questo percorso "in cinquanta film" (che a conti fatti, sono 53: la realtà è sempre più generosa dei nostri progetti), avevo pensato di cavarmela con un gran finale indiscutibile: Fanny e Alexander di Ingmar Bergman. Ci sarebbero state molte buoni ragioni per farlo. Perché è un film pensato per la televisione (nel 1982, con un certo anticipo su Netflix), e poi perché è un apologo sul cinema o, meglio, sulla meraviglia che sta all'origine del cinema, e poi ancora perché sarebbe stata un'eccezione rispetto alla regola che mi ero imposto, quella di occuparmi di un'unica opera di ogni singolo regista. Di Bergman c'era già Il settimo sigillo, ricorrere a Fanny e Alexander avrebbe significato ammettere che nel cinema, come nella vita, c'è sempre qualcosa di inesauribile.
Il consiglio rimane. Fanny e Alexander è un film memorabile, oltre che il mio preferito. Ma in conclusione la scelta è un altra e riguarda un titolo in apparenza minore, che in Italia fu addirittura storpiato in un assurdo gioco di parole: Be Kind Rewind di Michel Gondry, che da noi fu spacciato come Gli acchiappafilm. Sembrerebbe una commedia scioccherella, invece è una dolcissima, sorridente meditazione sul cinema. Porta la data del 2008, dieci anni fa giusti giusti, ma come al solito il regista francese ama giocare con le tecnologie obsolete. In Se mi lasci ti cancello del 2004 erano le audiocassette ormai in via di estinzione, qui sono i nastri Vhs che il vecchio Fletcher (l'attore Danny Glover) continua a noleggiare nel suo negozio in un quartiere popolare del New Jersey. Costretto ad assentarsi per un po', Fletcher affida l'attività al giovane Mike (Mos Def), il quale a sua volta si fa aiutare dall'amico Jerry (Jack Black in una delle sue interpretazioni migliori). Peccato che Jerry, trasformatosi in una specie di pila umana in seguito a un incidente, finisca per smagnetizzare tutti i video del catalogo. E adesso che si fa? Semplice: si girano da capo i film richiesti dai fedeli clienti, prima fra tutti la signora Falewicz (Mia Farrow), che si dichiara deliziata dalle versioni improvvisate di Ghostbusters e di A spasso con Daisy. Il protagonista è sempre lo stesso Jerry, che si maschera da RoboCop con le ferraglie trovate in giro o riproduce a modo suo le sofisticate angosce di 2001: Odissea nello spazio. Ma i perfidi immobiliaristi incombono, il destino del negozio è segnato, tutto parrebbe perduto. E invece no, manca ancora un colpo di scena. Per l'ultimo spettacolo Jerry e i suoi compagni allestiscono una specie di cinema all'aperto, radunano il pubblico, spezzano l'incantesimo della solitudine che si annida in Dvd e Vhs per dare forma, una volta di più, a una comunità di persone. Non è la fine, è un nuovo inizio. A questo allude anche la dicitura originale, Be Kind Rewind, ossia "Riavvolgere, per favore". Si faceva così, ai beati tempi delle videocassette: si portava indietro il nastro perché il film fosse pronto per un altro spettatore. Buio in sala, si ricomincia.
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