Part time docenti, non si riducono i permessi per l'assistenza
giovedì 1 marzo 2018
Entro il prossimo 15 marzo il personale della scuola (docente, educativo, amministrativo ecc.) in servizio a tempo indeterminato ed eventualmente interessato al part time, deve comunicare alla scuola la scelta di passare dal tempo pieno al tempo parziale, oppure, nel caso, di rientrare da un orario part time in corso a quello intero a partire dal prossimo anno scolastico.
Alla scadenza sono interessati anche i docenti di religione, laici o ecclesiastici, inquadrati in ruolo. Unica particolarità: le relative richieste devono essere istruite dagli uffici al di fuori del programma informatico Sidi per l'acquisizione delle domande.
La comunicazione di marzo non riguarda chi ha già comunicato entro lo scorso 20 dicembre (termine per i pensionamenti del 2018) la volontà di continuare a prestare servizio in regime di tempo parziale. Di norma il part time dura almeno due anni e si intende rinnovato tacitamente in mancanza di una richiesta di rientro al tempo pieno. Dopo il 15 marzo, chi vuole ripensarci può farlo entro il 15 aprile.
Il part time non è un diritto dell'interessato, ma un semplice interesse e come tale soggetto alla valutazione discrezionale dell'amministrazione scolastica, che non ha quindi obbligo di concederlo. Ovviamente il parere della scuola deve tenere nel giusto conto le esigenze del servizio, la compatibilità dell'orario scelto dall'interessato con le attività didattiche programmate, i congedi parentali, i diritti riconosciuti dalla legge 104/92 ecc. In caso di esito negativo, le motivazioni della scuola devono essere chiaramente esposte all'interessato, per permettergli di ripresentare una nuova richiesta con diversa modalità. Il docente part time può svolgere un'altra attività lavorativa, a condizione che non vi sia un conflitto di interesse con gli obblighi di servizio.
Legge 104. La legge riconosce tre giorni interi di permesso mensile retribuito al lavoratore che assiste un familiare con handicap grave. Sin dal 2000 l'Inps (circolare 133 del 17 luglio) ha sostenuto che questi permessi vanno proporzionati in caso di part time verticale (esempio: solo 2 giorni di permessi in caso di 4 giornate lavorate su 6 ecc.). Il 20 febbraio scorso la Cassazione (sent. n. 4069) ha stabilito invece che i permessi retribuiti della 104 non sono soggetti a riduzione, perché il relativo diritto, alla luce della tutela psicofisica della persona disabile, è uno strumento di politica socioassistenziale, non suscettibile quindi di discriminazioni e non rientrante fra i diritti riproporzionabili. Analogo precedente è stato stabilito dalla Corte con la sentenza 22925/2017.
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