sabato 29 ottobre 2016
Nessuno lo ammetterà mai ufficialmente. Ma sono certo che, se avessero in mano una bacchetta magica, oggi molti esponenti di entrambi gli schieramenti cancellerebbero con grande sollievo il referendum sulla riforma costituzionale. Siamo ormai immersi in una sorta di "ordalìa", dalla quale potremo liberarci solo la notte del fatidico 4 dicembre. E chiunque abbia un po' di buon senso sa che era l'ultimo evento da augurarsi, in un Paese ancora "convalescente" dopo sette anni durissimi di crisi economica e sociale. Un referendum così vissuto nuoce gravemente alla salute del nostro Paese, potremmo dire.
Nelle analisi degli altri Governi, degli investitori internazionali e delle agenzie di rating sta tornando ad affacciarsi il "rischio-Italia": ne stanno risentendo non solo le quotazioni in Borsa di banche e grandi aziende, ma anche le decisioni di investimento delle imprese italiane e delle multinazionali e perfino il clima di fiducia dei consumatori. Anche l'attività dei Ministeri e del Parlamento è influenzata inevitabilmente dalla grande attesa del voto, al di là della buona volontà dei singoli protagonisti: sarebbe "contro natura" per qualsiasi attore politico in campo trascurare il rischio che dal referendum scaturiscano equilibri politici diversi. L'opinione pubblica appare frastornata e in gran parte inconsapevole, perché sconta lo scarto (drammatico) tra la complessità della materia su cui i cittadini dovranno esprimersi e la potente rozzezza dello strumento referendario. Basti ricordare che questa legge di riforma contiene 41 articoli, che modificano ben 48 degli 84 articoli di cui è composta la seconda parte della Costituzione. E che lo strumento referendario è evidentemente molto più adatto a decidere su questioni che interrogano "liberamente" la coscienza individuale, piuttosto che su articolate architetture costituzionali e raffinate regole di funzionamento delle nostre istituzioni.
All'origine di tutto ciò c'è un grande paradosso, che in un confronto così violento come quello al quale stiamo assistendo nelle ultime settimane è stato totalmente dimenticato: la Costituzione è la carta fondante della convivenza civile, appartiene a tutti e rappresenta per definizione la sintesi della diversità di valori e di interessi tipica di un popolo. L'essenza di una Costituzione è la convergenza e l'esaltazione di ciò che unisce, secondo lo spirito che settant'anni fa fu fatto proprio dai Costituenti: non a caso, anche questa riforma costituzionale è stata votata nei due rami del Parlamento da una maggioranza niente affatto piccola. Se chi lo ha fatto avesse il buon senso di ricordarlo, ci eviteremmo (almeno) questa inutile e pericolosa "guerra civile senza armi".
@FFDelzio
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