venerdì 15 gennaio 2010
Insisto: tanti paradossi in pagina. Ieri ancora quello per cui i giornali più «laici», che vogliono sempre Chiesa e preti al loro posto separato, strillano poi se un prete non dice subito sì alle pompe funebri che arrivano in chiesa per pretendere esequie religiose per una signora ignota, non praticante, mai vista, a nome dei parenti anch'essi mai visti. Sbaglia, il prete? Forse sì: nel nome di Uno che non ha mai chiuso il cuore ad alcuno, ogni circostanza può essere adatta ad un annuncio di amore, perdono e salvezza. Però ti meravigli per la reazione di tante pagine superlaiche sempre, meno quando un sussulto di bigottismo serve " al solito! " a darla in testa ai preti. A proposito di paradossi, però qui amichevol-mente, sempre ieri, sul "Foglio", vorrei dire che Angiolo Bandinelli pare proprio sfortunato. Nel suo pezzo " p. 2: «Troppo magistero» " ragiona sottile sul fatto che negli ultimi decenni «il magistero della Chiesa si è venuto diluendo, ma anche appesantendo» a causa di una voglia di comparire, di farsi in concreto «pubblicità», dando disposizioni e ordini di santa scuderia, allestendo «una sorta di agiografia di stampo pubblicitario» in cui la ricerca è quella di stupire col «celestiale, tendente al meraviglioso come una lirica del Marino (è del poeta il fin la meraviglia) e occupa la scena per immergerla totalmente nel sacro». Chiaro? Sì, ma davvero sfortunato, almeno per Malpelo. Nelle stesso ore Benedetto XVI all'udienza dichiarava calmo e sereno che «La Chiesa si rende credibile attraverso la povertà e la solidarietà». «Povertà e solidarietà»? Poco, per la «pubblicità» spettacolare.
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