martedì 21 marzo 2023
In un mondo in maniera smodata e dissennata “onnivisuale” quale è diventato il nostro, un mondo in cui guardare video sembra contare più del documentarsi leggendo e studiando, dove tutto passa per l’immagine, la più a portata che ci sia, provvisti dei nostri efficientissimi smartphone tutti ci improvvisiamo – e ci sentiamo – grandi fotografi. Camminiamo, viaggiamo, o semplicemente nella penombra dei nostri appartamenti ecco ravviciniamo oggetti, cieli, mari e montagne grazie agli zoom di cui gli stessi smartphone sono provvisti; e non solo scattiamo e immortaliamo, anche dopo pochi istanti condividiamo gli stessi scatti con l’intero mondo, amici e sconosciuti. Grazie a Photoshop, filtri coloranti e altri sistemi di cosmesi, le nostre foto diventano perfette. Non il benché minimo particolare fuori posto: non fosse che manca loro quel tocco d’autore che è dei fotografi veri, coloro che lo sono per vocazione, per sacrificio, per disciplina del lavoro. Perché lo sguardo anzitutto è disciplina. Vero, come ebbe modo di affermare il grande regista Andrej Tarkovskij, che “più bella è l’immagine, più deve avere in sé ferrea costruzione”: dove “costruzione” significa però sforzo di uno sguardo immerso nella propria veduta estetica, non automatismo e manipolazione del reale grazie ad aridi artifici. © riproduzione riservata
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