Olio d'oliva, etichetta di origine
sabato 13 ottobre 2007
Il governo ha deciso: l'olio di oliva deve avere una etichetta chiara, che dica da dove arrivano le olive materia prima per la sua produzione. Sembra una cosa da nulla, ma non lo è. E non solo perché quello dell'olivicoltura è un comparto che vale due miliardi di euro e 50 milioni di giornate lavorative all'anno, ma anche e soprattutto perché si tratta di una operazione di trasparenza che giova all'intero settore agroalimentare. In altre parole, chi fa bene il proprio mestiere non ha bisogno di nascondere nulla. Così deve essere per gli olivicoltori come per i vitivinicoltori oppure per gli allevatori, e vale lo stesso per altri settori dell'economia nazionale.
Quella dell'olio, tuttavia, è una storia iniziata anni fa con una vera e propria «guerra» dei produttori, condotta a colpi di picchettaggi e di blocchi dei porti di arrivo della materia prima dall'estero, e poi proseguita con vari tentativi per obbligare a porre sulle etichette il semplice luogo di produzione delle olive. Dietro, ovviamente, non solo l'interesse di proporre al consumo un prodotto trasparente e affidabile. L'olivicoltura, infatti, è uno dei settori più globalizzati al mondo. Con le conseguenze che ne possono derivare in fatto di sofisticazioni, adulterazioni e frodi e quindi di danni ai produttori. Senza l'obbligo di indicare la provenienza delle olive, è facile spacciare per italiano olio che, magari, arriva da chissà dove. Con evidenti rischi in termini di qualità e di salubrità. Secondo i rappresentanti dei coltivatori, fino ad oggi, oltre la metà dell'olio venduto come «italiano» sul territorio nazionale è spremuto da olive di cui non si conosce la provenienza. Per questo Coldiretti " che l'altroieri per prima ha dato l'annuncio dell'emanazione del decreto governativo " ha parlato di successo e di «atto di responsabilità» del ministro delle Politiche agricole ma anche della necessità di fare ancora attenzione. Basta pensare che nei primi sei mesi del 2007 si è verificato un aumento record del 30% degli arrivi di olio di oliva proveniente soprattutto da Spagna, Tunisia e Grecia, mentre la produzione nazionale è stimata in calo del 10% rispetto allo scorso anno su valori di poco superiori ai 5 milioni di quintali.
Certo, i dolori dei produttori potrebbero non finire qui. L'Italia, infatti, ha deciso di imporre l'indicazione dell'origine del prodotto, contro l'orientamento della Commissione Ue che aveva già bocciato un provvedimento simile. Adesso potrebbe accadere la stessa cosa con l'avvio di una procedura d'infrazione. Per questo, sicuramente, la partita va anche giocata a livello Ue. Ma ciò che conta è il principio e la «prova di coraggio» che il nostro Paese ha condotto. Tenendo anche conto che in Europa i precedenti contano molto, in tutti i sensi, nella costruzione della politica agricola. E, per l'olio, esiste un illustre e positivo precedente costituito dalla passata di pomodoro che beneficia già dell'indicazione di origine contro il parere di Bruxelles.
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