sabato 13 agosto 2011
Una volta, come nelle favole, quando il tempo sembrava più lento nel passare si diceva: si parte per la villeggiatura. Oggi, passato qualche decennio, i nostri giorni liberi si chiamano “vacanze” e, ora che il bene maggiore è avere un lavoro, si va “in ferie”. Nel primo caso il piacere maggiore era dividere l'aria fresca con le onde del mare, o con il vento delle montagne, dove anche la campagna offriva i suoi silenzi accompagnati dal brucare delle greggi che scandivano le ore del giorno. Si cercava infine la pace e la compagnia di un amico. Le vacanze invece sembravano appartenere solo ai bambini che le riempivano del loro chiasso dimenticando la scuola, le maestre, i brutti voti. Ma le ferie sono un diritto di tutti ed essendosi tramutate in valore assoluto hanno perso quel senso di lievità e di riposo cui all'inizio avevano diritto. Le ferie oggi sono un impegno per tutta la famiglia; si deve cercare di ottenerle assieme, si deve decidere non più per un luogo, ma possibilmente consumarle in diverse località che rispondano al desiderio di ogni componente che viene spinto alla ricerca del meglio delle letture dei rotocalchi e quasi mai da una ricerca personale e meditata. L'insieme diventa un affanno perché la ricerca del bello, del godimento a ogni costo diventa una fatica. In questi giorni di ferragosto se la figura di Nostro Signore ci potesse guardare dalle sue nuvole vedrebbe il suo popolo correre con la frenesia di un formicaio, quasi impazzito e senza meta verso una felicità che sfugge come i lampi di un temporale. Il compito è quello di divertirsi a ogni costo e in pochi giorni perché gli euro governano con crudeltà la nostra vita, perché non manca giorno che le banche, i governi, e le disavventure dei mercati mondiali, non ci ricordino che se dimentichiamo la serietà, la prudenza, la solidarietà quello che ci aspetta sarà non solo la perdita del superfluo, ma l'impoverimento graduale di tutta una società che aveva creduto di continuare a vivere al di sopra delle proprie possibilità reali. Il rimedio potrebbe essere quello di contenere i desideri che abbiamo scambiato per necessità o per diritti, aprire un libro sulle bellezze dell'India invece di comperare un biglietto per Nuova Delhi. L'Italia offre ricchezze di arte, di storia, di varietà della natura che richiama turisti da tutto il mondo e che noi abbandoniamo senza conoscerle, dimenticando di essere orgogliosi di ciò che ci appartiene. Non c'è paese della Toscana, non c'è porto della Sardegna, né tramonto sulle Dolomiti che trovi l'eguale e distribuito sul medesimo territorio come tutto questo che un fortunato destino ci ha regalato. Allora impariamo ad aprire gli occhi e da amare ciò che ci viene offerto vicino a casa nostra e soprattutto a non sentirci umiliati o diversi a confronto di quelli che partono carichi di bagagli e di affanno di spendere troppo. Vestiamo invece l'abito del turista e cerchiamo anche nella nostra città o nei dintorni del nostro paese ciò che l'intelligenza dell'uomo, o la vivacità della natura ci hanno saputo offrire.
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