domenica 20 marzo 2016
«Perché non siamo uno Stato laico?». La Repubblica (venerdì 18) tenta di spiegarlo, ma il risultato è la dimostrazione che il nostro Paese non è «laico», perché tende, invece, a essere quello che molti preferirebbero: piuttosto laicista. La differenza non è piccola. Al lettore che gli aveva ricordato un discorso (1960) di John Kennedy, unico cattolico alla Casa Bianca («Credo in un'America dove la separazione fra Stato e Chiesa sia assoluta, dove nessun prelato cattolico dica al Presidente come agire e nessun ministro protestante dica ai suoi parrocchiani come votare, dove nessuna Chiesa o scuola confessionale abbia finanziamenti pubblici...»), Corrado Augias aggiunge il presidente Thomas Jefferson (1801-1809), «estensore della Dichiarazione d'Indipendenza» («Il Congresso non emanerà alcuna legge che riguardi l'istituzione di una religione o ne impedisca il libero esercizio…»). Erronee entrambe le affermazioni: uno Stato davvero laico non avrà una fede propria, ma non ignorerà, come cose senza importanza pubblica e politica (nel senso migliore), le religioni dei suoi cittadini, che hanno il diritto di praticarle, e quindi le religioni debbono essere non ignorate ma garantite. Essere cristiani evangelici o cattolici, ebrei, musulmani è uno dei primi doveri e diritti di ogni cittadino credente e persino degli atei e degli agnostici, una condizione da vivere perché la fede e le convinzioni orientano la vita e i suoi modi e, dunque, anche quello di far politica. Se lo Stato si preoccupa di tutelare i presunti diritti di chi ha un orientamento omosessuale, a molto maggior ragione dovrà farlo per i diritti non presunti dei credenti, la cui la fede in genere arricchisce e rafforza l'amore per il prossimo e la partecipazione alla vita politica del loro Paese. «Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite,,,» con quel che segue, scrive Paolo ai Romani (13,1 sgg.), secondo il modo dei suoi tempi.AFFITTO DEL SENO?Dopo quello dell'utero, esiste anche un «affitto del seno» per i bambini abbandonati dalla madre alla nascita? L'«allarme» è di Libero (martedì 15), che, scandalizzato, l'ha chiamata «la poppata in affitto». In realtà, si tratta di un modo naturale di allattare i neonati abbandonati o orfani o figli di una mamma senza latte. Erano le famose balie, campagnole venute in città che, affidati a qualcuno i propri piccoli o facendo un doppio allattamento, si guadagnavano da vivere presso famiglie benestanti.LA DAT MATRIMONIALEDopo l'invenzione di un para-matrimonio tra persone dello stesso sesso, ecco che spunta l'accorpamento di nozze e divorzio. Annuncia il Corriere della Sera (mercoledì 16) che due deputati hanno presentato una proposta di legge per istituire anche in Italia i love contracts, cioè i patti prematrimoniali, attualmente vietati per la loro assurdità. Invece dello slogan «finché morte non ci separi», avremo anche per il matrimonio la lugubre Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento)?
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