venerdì 18 agosto 2017

Chi fra voi che leggete ha conosciuto il lancinante strappo di un addio, saprà il sapore di abitudini che non ritornano: «Ogni volta che ti ripenso vedo immagini al rallentatore, tu in bicicletta col tuo cappotto mentre ritorni da insegnare…». Chi ha dovuto chiudere una porta, come è capitato pure a chi scrive, saprà che certi versi proprio non somigliano alla retorica: «Ogni volta che provo a scriverti mi si confondono le parole, tutto mi sembra cenere contrabbandata per poesia… Sono montagne russe i nostri cuori, sono cessati spari e grida… Questo, è il silenzio che volevamo?».

Coloro che hanno girato pesanti pagine della vita come prima o poi capita a tutti, capiranno in fretta lo strazio del tornare alla normalità: «Oggi ho ripreso quelle tue pagine, ho ripercorso le stazioni, mi son seduto nelle tue stanze mentre cambiavano le stagioni… Ho aperto gli occhi e ho visto luci, macchine in fila al distributore, gente che ha freddo, gente che ha fretta… Di ripartire, di rincasare…». Sì: lo conosciamo tutti, che cosa significa un addio. Ed è bello, che una canzone del cantautore Massimo Bubola ci ricordi, oltre ai dettagli di quel dolore, anche la lezione che possiamo trarne: «Amore… Niente, passa invano. Nessun dolore, amore, niente… Niente, passa invano».

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