sabato 12 gennaio 2019
Chi ha paura del Papa? La domanda è più che mai attuale, almeno a giudicare dalle ripetute censure e strumentalizzazioni alle quali viene sottoposto Papa Francesco ogni volta che dice qualcosa, o quasi. Non che sia uno sport nuovo, anzi si tratta di una pratica molto ben collaudata. Nei primi dodici anni del suo pontificato Giovanni Paolo II fu acclamato in Occidente come il "campione della lotta contro il comunismo", mentre in modo speculare l'Oriente lo bollava come retrogrado e conservatore, mettendo la sordina alla sua voce. Le parti si invertirono quando, crollato il muro ma con l'Unione Sovietica ancora in piedi, nei discorsi e nelle encicliche di Papa Wojtyla iniziò a essere notata l'insistita condanna di un sistema capitalista pronto a sacrificare tutto in nome del profitto, a partire dagli uomini. Molto del suo magistero finì per scomparire sotto le forbici di una censura implacabile, specialmente in Nord America. Gli esempi che si potrebbero fare sono innumerevoli.
Anche Papa Benedetto non è stato certo risparmiato da strumentalizzazioni. La vicenda più clamorosa è senza dubbio quella relativa al discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006, che un errore da parte di un'agenzia di stampa trasformò in un "attacco contro l'islam". Questione di interpretazione, si potrebbe dire; se non fosse che il 20 settembre successivo lo stesso Ratzinger mise molto bene in chiaro la questione: «Come tema – disse nel corso di una udienza generale – avevo scelto la questione del rapporto tra fede e ragione. Per introdurre l'uditorio nella drammaticità e nell'attualità dell'argomento, ho citato alcune parole di un dialogo cristiano-islamico del XIV secolo, con le quali l'interlocutore cristiano – l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo – in modo per noi incomprensibilmente brusco, presentò all'interlocutore islamico il problema del rapporto tra religione e violenza. Questa citazione, purtroppo, ha potuto prestarsi ad essere fraintesa. Per il lettore attento del mio testo, però, risulta chiaro che non volevo in nessun modo far mie le parole negative pronunciate dall'imperatore medievale in questo dialogo e che il loro contenuto polemico non esprime la mia convinzione personale. La mia intenzione era ben diversa: partendo da ciò che Manuele II successivamente dice in modo positivo, con una parola molto bella, circa la ragionevolezza che deve guidare nella trasmissione della fede, volevo spiegare che non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme. Il tema della mia conferenza – rispondendo alla missione dell'Università – fu quindi la relazione tra fede e ragione: volevo invitare al dialogo della fede cristiana col mondo moderno e al dialogo di tutte le culture e religioni. Spero che in diverse occasioni della mia visita… sia apparso con chiarezza il mio rispetto profondo per le grandi religioni e, in particolare, per i musulmani». Parole inequivocabili. Eppure in tanti hanno continuato a utilizzare quel discorso in chiave anti-islam, anche per contrapporre Benedetto a Francesco (fino alle magliette con su scritto "io sto con Benedetto", a certificare l'ignoranza o la malafede di chi le aveva ideate), e ancora oggi continuano.
Ovvio che anche con Bergoglio il gioco continui, e con il discorso di lunedì scorso al corpo diplomatico ne abbiamo avuto un nuovo esempio. Qualcuno è arrivato a dire "il Papa è contro di noi". Inutile, forse, spiegare, perché non capire fa comodo. Quel che però dovrebbe essere chiaro a tutti è che nessun Papa è mai stato "contro" nessuno. Solo "per". Per la libertà e la dignità di ogni uomo e donna. Come comanda il Vangelo.
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