Nella «Missa Gotica» di Pérès un viaggio nella fede del Trecento
domenica 13 settembre 2009
In occasione di una recente intervista lo studioso e musicista Marcel Pérès ha affermato: «La conoscenza delle musiche del passato non è mai fine a se stessa e non ha l'unico scopo di permettere a un pubblico colto di passare momenti piacevoli ascoltando un disco o un concerto. Al di là di un approccio storico e tecnico, la funzione primaria della musica rituale è di ordine metafisico. Qui è superata la dimensione sociale e anche culturale dell'arte musicale. È l'uomo profondo che viene interpellato di fronte all'immagine del suo destino soprannaturale. La musica tocca i fondamenti stessi dell'essere. Accostate da quest'angolazione, le musiche del passato si rivelano icone di bruciante attualità"». Si tratta di una sorta di manifesto programmatico che si spinge ben oltre la semplice connotazione artistica e che assume un rilievo del tutto particolare se si pensa al cammino intrapreso da Pérès nel corso della sua quasi trentennale attività, sempre volta alla ricerca e all'esecuzione di pagine che affondano le proprie radici in secoli lontani e repertori dimenticati.
Il nuovo progetto discografico firmato dal musicista francese e dal suo ensemble di voci maschili Organum (pubblicato da Zig Zag Territoires e distribuito da Jupiter) si intitola Missa Gotica e consiste nella ricostruzione dell'adattamento di una Santa Messa ottenuto mediante un sapiente e calibrato collage di brani provenienti da antichi manoscritti trecenteschi che rappresentano le prime testimonianze complete di composizioni polifoniche dedicate all'Ordinarium liturgico (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei), ricavate da codici il cui nome deriva da quello delle località dove sono stati ritrovati (Toulouse, in primis, ma anche Barcellona e Apt).
Canti e musiche che chiedono solamente uno spazio aperto all'ascolto, alla meditazione, allo stupito abbandono nei confronti della loro forza espressiva e della loro sacra ieraticità; lanciando così una provocazione ideale a noi uomini del Terzo Millennio, il più delle volte "spettatori" in una società dominata dal potere mediatico e dal culto dell'immagine, qui chiamati a riconoscere il valore assoluto e senza tempo di un'arte scarna ed essenziale, sempre percorsa da una vibrante tensione drammatica.
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